Corbo sulla Repubblica di Napoli : “E’ la rivincita di Spalletti !”
Troppo amici ma anche troppo orgogliosi per non temersi. Mourinho e Spalletti rendono fatali gli abbracci. Si stringono prima della sfida in una rappresentazione teatrale, show di parole e foto, il gusto di apparire allenatori d’altri tempi, grandi strateghi di scontri gentili, quasi a rievocare un calcio aulico, un’altra storia il nostro, vero? No, sono solo parole, perché nel primo tempo la Roma non tira una sola volta ed il Napoli costretto da una Roma più tosta che bellicosa deve inventare la partita. Il Napoli comincia con due o tre assenze virtuali. Come se non vi fossero: Lobotka, intravisto solo dopo l’infortunio del suo controllore Pellegrini, che rimane in campo ma sembra debilitato; Ndombele che non regge il confronto con Camara, il determinato mediano errante tra Guinea, Grecia e Italia e costringe Spalletti ancora una volta a farlo uscire in anticipo per Elmas; la terza scheda bianca sembra — tranne che nel finale — Kvaratskhelia che si consegna sulla fascia sinistra a Mancini, assistito in prima battuta dall’olandese Karsdorp, inserito a sorpresa su quella corsia da Mourinho, una confessione esplicita di temere il fantasista georgiano. Se questi sono i lati oscuri del Napoli per quasi un’ora, altri fanno abbastanza per segnalare la loro presenza. Lozano innanzitutto, giusta mossa di Spalletti, e lo scattista messicano assegna compiti severi sia a Ibanez che a Spinazzola, quinto a sinistra del 3-5-2 romanista. La difesa in blocco è sulle posizioni giuste, con Kim che se la vede con l’etereo Abraham e poi Belotti, ancora meglio per l’intraprendenza del rivale si fa notare Juan Jesus su Zaniolo. Che strano, Osimhen. Decide dopo aver sbagliato con un troppo largo diagonale un micidiale contropiede, condotto da Lozano, il migliore del Napoli. Con il centrocampo bloccato da Mourinho, tre contro tre in coppie strettissime, si crea un ingorgo che Zaniolo con i suoi strappi sulla destra della Roma e Kvaratskhelia con le sue volute di fumo non sanno sbloccare. È l’ora dei cambi, si agitano gli indemoniati Spalletti e Mourinho tutt’e due ammoniti, cercano soluzioni che solo il filosofo dagli occhi luciferini sembra trovare. Prima, perdona a Osimhen il clamoroso errore, poi schiaccia sul tavolo da gioco la carta giusta. Elmas riscatta l’incompreso o incomprensibile Ndomele offrendo più vivacità ma anche più copertura. Roma-Napoli suggerisce una nuova gerarchia tra Elmas e Ndombele. Ovvio, a favore dell’eccellente gregario macedone. Ma premia anche Spalletti per aver ripensato a Gaetano, inserito al posto di Zielinski che somma errori a pregevoli giocate. È questa l’aria nuova che tira, e spinge nel finale Osimhen, implacabile nel chiudere una bella azione di Politano, pronto a proseguire sulla destra l’intraprendente pressione di Lozano. Che si riveda finalmente il Napoli delle avvincenti cavalcate in classifica la conferma è nel ritrovato e tardivo estro di Kvara, disposto ora anche a subire le durezze di una Roma concreta, tenace, vigorosa nel difendersi per oltre un’ora ma rimasta prigioniera della sua opacità offensiva. Mourinho ha fatto e detto quello che poteva, ma la Roma attacca peggio di come sa parlare il nuovo divo di Roma.