Post Sampdoria-Inter, Stankovic: “Abbiamo conquistato un grandissimo punto. Siamo diventati un team”

Di Fabrizio Battipaglia

Dopo il pareggio con l’Inter, l’allenatore della Sampdoria, Dejan Stankovic, è intervenuto ai microfoni di Dazn:

 

Il match

“Che cosa si prova a vivere un finale positivo? Nelle ultime partite abbiamo lasciato tantissimo in giro, dall’85’ al 95′. Si trovano equilibri nel calcio, come nella vita. Potevamo vincere col Monza, ero distrutto e non ho parlato, ero distrutto per i ragazzi. A volte qualche episodio è andato a favore, abbiamo portato a casa un grandissimo punto. Merito dei ragazzi, non mollano un centimetro. L’Inter ha una rosa spettacolare, vederli dal vivo fanno paura, ma abbiamo giocato con viso aperto, petto in fuori. Senti però lo stadio, e perché non rischiare? Abbiamo creato chance, potevamo tirare in più, io dai 20 metri non vedevo nessuno e caricavo e tiravo, ma i compagni si fidavano di me. Volevo dire solo ai ragazzi di tirare e cercare qualche episodio in più”.

 

Otto punti dalla quart’ultima

“Lavoriamo ogni giorno. Un giorno non voglio pentirmi di non aver dato tutto, voglio trasmetterlo ai ragazzi. Ok le difficoltà e i problemi, ok la classifica, ma ogni partita ha una storia diversa. Dobbiamo uscire a testa alta. Basterà? Non lo so. Ma con quest’atteggiamento, vicinanza, tifo… non si può descrivere. Siamo diventati un team, non una squadra, un team. Sappiamo gioire, soffrire, dobbiamo essere orgogliosi”.

 

Su Gabbiadini

“Buon momento, sta facendo un buon lavoro, anche Lammers, Cuisance… giocatori offensivi che lavorano molto per essere equilibrati. Ma devo rispettare anche la squadra e l’ambiente, i rischi devono essere calibrati. Trezeguet? Quell’inserimento suo, il marchio di fabbrica, mi potrebbe tornare utile”.

 

Come si arriva alla domenica

“Rilassato? Parola grossa. Cerco di dare tutto. Si lavora con il gruppo, ti guardano e ti chiedono di proseguire la crescita. Tanti si sono messi in mostra. Come Amione: con Nuytinck e Murillo hanno fatto grandi prove. Penso a Zanoli, Cuisance. Promettono e hanno coraggio. Come faccio? Cerco di dire che la carriera di un giocatore è breve, una quindicina di anni, 10 di quando vai a mille. Essere nervosi e sprecare il tempo che Dio ci ha regalato a fare la cosa più bella. Ci sono mille problemi, ok. Ma possiamo cambiare le cose? Poco. In campo arriva la risposta. Dobbiamo chiederci cosa stiamo facendo. Dobbiamo restare umili”.

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