il coraggio di sognare – Ricordando Nicola Roncone
di Nicola Manna
Piccola riflessione, ricordando un amico. Ho conosciuto Nicola Roncone da Gennaro Pignatiello, masto barbiere, con la bottega a via Carmine Guadagni ad angolo con via Roma: ncopp’ Santamaria. Mi aveva accompagnato Lello Sodano, compagno di vita, giochi ed avventure.
Erano gli inizi degli anni settanta. Eravamo come i giovani di tutte le epoche: spontanei, sinceri, determinati, ingenui e un po’ incoscienti. Tanto spontanei, sinceri, determinati, ingenui e incoscienti da immaginarsi di rifare il mondo. «L’immaginazione al potere », si diceva allora. Quel mondo piaceva poco; e difatti il terremoto sessantottino iniziava a farsi sentire anche nel villaggio di Pomigliano.
E’ stato un momento strano, in cui nelle università i residui della vecchia goliardia si mescolavano col nuovo e confuso entusiasmo rivoluzionario. C’era un’incredibile voglia di mobilitazione e di trasgressione. C’era una voglia di libertà a 360 gradi. Libertà nei comportamenti e nelle opinioni. Come se una generazione tutta intera provasse di colpo il desiderio di scardinare quella che considerava come una gabbia di vecchie prescrizioni, la crisi di una morale costruita su tradizioni senza senso. Una morale bacchettona.
Era arrivato il momento della liberazione dei costumi, della liberazione sessuale e soprattutto della liberazione femminile. L’introduzione del divorzio in Italia è figlia di quel contesto di « voglia di cambiare » si è capito (si è cominciato a capire) quanto fosse assurda la vecchia mentalità che metteva la donna in una condizione di evidenti difficoltà rispetto all’uomo. Una chiave fondamentale della riflessione sta proprio in quella che chiamiamo oggi « parità di genere ».
Per gli uomini il Barbiere non è solo un posto dove tagliare i capelli, ma un porto sicuro. La bottega del Barbiere è il posto in cui si può essere sé stessi, ci si può raccontare.
Mi sembra di essere in una di quelle giornate in cui mi trovo li’, e credo anche di percepirne gli odori e il ronzio da chiacchierata che fa da sottofondo.
Ogni sabato, alla stessa ora, incontravamo lo stesso gruppo di uomini, come se fosse un appuntamento già deciso.
Ricordo chiaramente il saluto del fratello,Silvio, aiuto masto a cui era già concesso di effettuare qualche taglio con forbice e macchinetta, che ci dava il benvenuto ogni volta che quella porta si apriva. Nicola e Silvio, originari di Sparanise, vivevano a casa di Masto Gennaro, che li aveva accolti come fossero figli suoi.
“Ciao gualiuni, come va?” diceva, facendo sentire speciale anche me.
Ricordo il susseguirsi di discorsi infiniti e che abbracciavano più argomenti: si parlava di politica, poi sport, di musica e di notizie dal mondo e dal nostro piccolo comune.
Si parlava anche di donne però e, molte volte, si parlava di salute.
Le conversazioni sulla salute erano lunghe e approfondite. Gli uomini spesso riferivano i consigli dei loro dottori: togliere il sale dalla dieta, mangiare meno cibo fritto, smettere di fumare o ridurre lo stress.
Non ti fidi del tuo Barbiere solo per il tuo look e il tuo stile, ma ti fidi di lui anche per raccontargli della tua vita, di ciò che ti rende sereno e di quello che invece non ti fa dormire la notte.
È come se tu sapessi che i discorsi fatti in quel salone è lì che restano, custoditi gelosamente perché nessun altro sappia.
Masto Gennaro, come molti Barbieri, era molto più di un semplice artista, lui era un uomo d’affari e un confidente. Era un vero leader e un forte sostenitore del benessere della sua comunità.
La prima volta che sono entrato nel suo negozio lui non stava semplicemente tagliando i capelli. Stava anche organizzando una campagna di iscrizione alle liste elettorali per dar voce ai suoi clienti e alla sua comunità.
Quella volta c’era stata una mobilitazione di tutti gli artigiani del villaggio.
Dietro ogni abilità artigianale c’è la storia di una famiglia che narra e tramanda i segreti e le conoscenze dei vecchi mestieri, di generazione in generazione. Una tradizione che, nonostante l’avanzare della modernità, continua ad alimentarsi di competenze, passioni, creatività. ‘L’uscio e bottega’ del calzolaio, masto scarparo O’ Ciappiello onorato di riparare scarpe e realizzare sandali e borse su misura nella bottega di sempre, i falegnami che realizzano infissi in legno con l’inventiva della manualità, portando avanti una passione avviata mezzo secolo prima dai rispettivi genitori. I maestri cusitori, Nicola o’ cuopp, Alligrande, la cantina di mio nonno…..
Per questo tipo di attivismo nella comunità che caratterizzava le botteghe venivano chiamate anche “Puteche”, il cui senso era quello di soggiorno, permanenza, sosta, fermata, pausa, luogo di scambio.
Tra riunioni, discussioni, collettivi, comitati, assemblee e manifestazioni sono cresciuto con tanti altri nella progressiva consapevolezza di vivere un momento storico di mobilitazione e di cambiamenti importanti. Lo scontro con le autorità e l’autoritarismo in tutti i campi, la conquista dell’autonomia nei comportamenti, nei giudizi, nei costumi fino ad arrivare alla contestazione dei contenuti che venivano tradizionalmente veicolati nella scuola erano le manifestazioni della presa di coscienza che nasceva in noi della forza che poteva dare il collettivo, l’essere assieme per cambiare la nostra realtà e i rapporti sociali. Uguaglianza, giustizia, libertà, conflitto, autonomia, partecipazione: ecco le parole piene di significato che abbiamo scoperto pian piano, cercando di “praticarle” partendo da noi stessi e portandole nella società.
Il terremoto è stato un motore di cambiamenti. Tanti cambiamenti, alcuni buoni e altri no. Anche su questo c’è naturalmente da riflettere. L’incontro con Nicola ha concorso, pur senza proporcelo, a creare una comunità in cui tutti si riconoscevano e anche senza conoscersi si sentivano uniti e uguali al di là di ogni differenza sociale, familiare e culturale. Di fatto senza saperlo avevamo realizzato l’uguaglianza, almeno nel nostro ambito. Gli anni successivi avrebbero cancellato anche questa importante conquista.