Vivere dove l’estate non finisce mai, malgrado tutto

di Riccardo Brescia

Non conosco stagioni o mesi che non siano in grado di offrire sfumature, colori e profumi che ancora oggi sanno impadronirsi di tutti i sensi, fino sublimarne la sinestesia.

Parola difficile, concetti semplici. Benessere, quello vero. Quello che rapisce più sensi contemporaneamente.

La terra che abitiamo ne costituisce un esempio mirabile, nelle forme e nelle modalità in cui si manifesta la sua essenza, anche se mortificata dal disordine e da costumi che non sono quelli che vorremmo vederle indossare.

Non c’è inverno rigido che fermi la voglia di vivere per strada, per quanto rigido può definirsi l’inverno dalle nostre parti. Superare indenni la stagione estiva (indenni dall’esigenza che appare inderogabile di regalarsi giorni e settimane altrove, pensando ivi di trovare condizioni ideali per ripagare le fatiche lavorative di un anno intero); ritrovarsi nel clima che – da calendario – preannuncia l’autunno ma che – da un punto di vista atmosferico – induce ancora a credere che l’estate da vivere sia tutt’altro che terminata, permette di volgere uno sguardo profondo e intelligente al luogo che abitiamo, scevro da luoghi comuni, facili lamentele, critiche scontate, slogan già ascoltati.

Campania Felix: non è solo la storia a raccontarla.

Non compete solo ai resti archeologici di lussuose ville millenarie (molti non visibili perché rinchiusi all’interno di proprietà private) a ricordare quanto valore avesse questa terra, quanto benessere al corpo e allo spirito fossero in grado di apportare questa latitudine, questo mare e questi territori roventi in continuo movimento, sopra e sotto la loro superficie. Territori ameni, fertili, adeguati nelle distanze, ricchi e produttivi di ogni ben di Dio; territori di cui i popoli antichi che li hanno scelti per vivere e sviluppare le loro stirpi e civiltà (e chi non ci ha provato), sono riusciti a sfruttarne le peculiarità uniche, frutto della fortunata concomitanza di circostanze, come uniche sono le circostanze astronomiche che consentono la vita sul nostro Pianeta.

Loro si, gli Antichi, sapevano come godersela la vita; loro si che sapevano come sfruttare in superficie le risorse agricole per ricavare vini, ambrosie, prodotti della terra, dei pascoli e tutto quanto fosse necessario al fabbisogno alimentare, facendone fucina di eccellenze che ancora oggi fanno il giro del mondo, tanto sono le richieste all’estero di quest’ultime. Ma fin d’allora hanno avuto l’ardire di cercare nel sottosuolo e sfruttare le immense (tutt’ora attive e lucrose) risorse termali.

Lo fecero per i ricchi e per la gente comune: da 3.000 anni in qua.

Del resto se l’uomo abita da 3.000 anni queste terre; se queste terre hanno fatto da scenario ai poemi omerici da cui tanta letteratura, cinema e teatro ancora oggi ne deriva; se basta un tratto di matita che disegni il vulcano più famoso al mondo per far capire a qualsiasi straniero da quale terra provieni, un motivo ci deve pur essere.

Qui. Non a Saint Tropez o Montecarlo. Qui.

Campania Felix, il distintivo ben visibile che riusciamo a scorgere se solo scostiamo un po’ le tende opache del pregiudizio, che offuscano la vista dei panorami più belli al mondo.

Chi sceglie di percorrere il sentiero tortuoso e faticoso di chi guarda oltre le cronache, e si dichiara disposto a vincere la pigrizia costituita dal restare ancorati a reti televisive e alle scadenze ormai – pare – obbligate, proposte da eventi sportivi abilmente disposti a scacchiera, si ritrova la sorpresa di luoghi e atmosfere a misura del benessere che faticosamente cerchiamo altrove, a costi ben più onerosi.

Il benessere del mondo reale. La S

Sinestesia. Parola difficile, concetti semplici. Il benessere del mondo reale. Il benessere che prende più sensi contemporaneamente. Lo star bene, rimanendo seduti su un muretto per strada anche se la sera avanza e si avvia verso la notte.

Napoli, Posillipo, Coroglio, Bagnoli, Pozzuoli, Bacoli, Cuma, i Campi Flegrei.

Un susseguirsi di soprese, curve, antri, colline, storie; luci riflesse e luci dirette; un abbraccio interminabile che si apre e si chiude mentre si rincorrono le onde di mari diversi, baie e golfi ora ampi ora raccolti, come un amante che ti stringe in un abbraccio, coperta poggiata sulle spalle, egida sicura e forte che lascia libero sguardo e respiro, mentre le sue braccia delicate si incrociano sul tuo ventre.

Invece, rimbalza come una pallina impazzita la notizia di un musicista ucciso in circostanze tragiche (oggi viene celebrata una giornata di lutto cittadino in concomitanza dei funerali di Giò Giò, giovane cornista dell’Orchestra Scarlatti Junior): e rimbalza solo quella. Rimbalza la notizia dello stupro di due minorenni al Parco Verde di Caivano: e rimbalza solo quella. Rimbalzano scene e personaggi di fiction di successo sul sistema di strutture malavitose locali: e rimbalzano solo quelle.

Non mancano altrove street food di qualità, bar, locali, luci, musiche lounge, botteghe aperte anche la sera, teatri e caffè aperti tutta la notte. Ma chissà perché ogni sera trascorsa a tirare canestri su campi vista mare o vissuta a guardare la bella gioventù vivere la notte con le loro eleganze, i loro abiti, i loro cappelli stravaganti, la loro aria pulita da eterni vacanzieri – perché vacanzieri della vita, turisti del loro futuro – non sono elementi sufficienti a scalfire la benché minima scheggia del luogo comune che ne costituisce il mortificante comun denominatore.

Il benessere reale perde forza dinanzi al pregiudizio che vuole la nostra città teatro prediletto di eventi tragici. Altri capoluoghi ne vivono altrettanti se non di più, basta sfogliare le statistiche. Eppure il distintivo di città nera copre la Campania Felix, la città con tutta la sua provincia, offuscandone la fama e contribuendo a sporcare l’immagine etica di chi la abita.

Si incontra sempre qualcuno passeggiando la sera sul Molo Caligoliano o dinanzi alla Chiesa dell’Assunta ai piedi del Rione Terra in piena fase di restauro e rilancio turistico-culturale. Non ci si sente mai soli a bere un caffè in monouso poggiati alla nuovissima balaustra di fronte a “’o Valione’, che richiama le balaustre di murata dei traghetti che portano a Procida o Ischia. Non si esce mai indenni da una serata trascorsa con amici di vecchia data come se gli anni dell’adolescenza non fossero mai finiti, se trascorsa seduti ai piedi di un ulivo mentre aerei lontani in fila ordinata si avvicinano alla pista di atterraggio, mescolando le loro luci intermittenti a quelle delle abitazioni costruite sulle pendici di Monte nuovo e Arco felice.

Il lutto cittadino segna di nero una vicenda ancora più triste e scura.

Per fortuna che chi ci vive, sa che la Campania Felix esiste ancora: e ancora oggi, più che mai, Resiste!

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