Papa Francesco prega nella camera ardente del Presidente Napoletano

CITTÀ DEL VATICANO Non è solo questione di rispetto istituzionale. L’immagine di Francesco che si alza dalla sedia a rotelle e, appoggiato al bastone, s’avvicina al feretro di Giorgio Napolitano, nella camera ardente allestita al Senato, restando a lungo in preghiera silenziosa davanti alla bara ricoperta dalla bandiera tricolore, va oltre i buoni rapporti ormai consolidati tra i «due Colli» sulle rive opposte del Tevere, Quirinale e Vaticano.

Anche il telegramma che il Papa aveva inviato alla signora Clio andava al di là cordoglio formale: Bergoglio esprimeva «sentimenti di commozione e riconoscenza» per un «uomo di Stato» del quale «ho apprezzato l’umanità e la lungimiranza nell’assumere con rettitudine scelte importanti, specialmente in momenti delicati per la vita del Paese, con il costante intento di promuovere l’unità e la concordia in spirito di solidarietà, animato dalla ricerca del bene comune». Così Francesco si diceva vicino alla moglie e ai familiari, «assicurando il ricordo nella preghiera».

Anche adesso, il Vaticano fa sapere che il Papa ha voluto «esprimere, con la presenza e la preghiera, il suo personale affetto a lui e alla famiglia, e onorare il grande servizio reso all’Italia». E poco importa che il primo presidente ex comunista nella storia della Repubblica abbia scelto per sé i funerali «laici». Francesco è il Papa che, nell’enciclica «Fratelli tutti», a proposito della parabola evangelica del Buon Samaritano, scriveva che «a volte, coloro che dicono di non credere possono vivere la volontà di Dio meglio dei credenti».

Giorgio Napolitano era stato legato da un’amicizia lunga e sincera con Joseph Ratzinger, che gli aveva confidato di volersi dimettere una settimana prima di annunciare la propria «rinuncia». Poi era andato a trovare il Papa emerito nel monastero vaticano Mater Ecclesiae, dove si era ritirato. Benedetto XVI aveva scritto di lui: «Per l’Italia ha rappresentato certo una fortuna essere guidata in tempi difficili e tra scogli di ogni tipo da un uomo così».

È quello che pensa anche Francesco, che lo aveva conosciuto fin dal primo anno di pontificato: la partecipazione di Napolitano alla Messa di inizio del ministero petrino, il 19 marzo 2013, la prima visita ufficiale in Vaticano il 18 giugno, e poi Francesco che ricambia il 14 novembre al Quirinale. Un anno più tardi, il 21 novembre 2014, si videro a Santa Marta, un incontro privato a sorpresa, fuori dal protocollo ufficiale, e parlarono a lungo. Sabato sera Francesco è tornato da Marsiglia, ventiquattr’ore di viaggio intenso e serrato per denunciare ancora una volta la tragedia delle migrazioni nel Mediterraneo, «occorre ripartire dal grido silenzioso degli ultimi». Naturale che fosse stanco, è un uomo che a dicembre compirà 87 anni, ma dopo l’Angelus si è fatto accompagnare alla camera ardente, primo Papa a varcare la soglia del Senato.

Non bastava il telegramma, ha voluto esserci. Francesco ha sempre parlato anzitutto attraverso i gesti. La preghiera muta e rispettosa davanti al feretro, il Papa che si china a baciare la signora Clio, seduta come lui su una carrozzina.

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