Velluti rossi, fregi d’oro e note d’argento

Velluti rossi, fregi d’oro e note d’argento

Accade di scorrere il dito sul volantino di una stagione teatrale e scegliere uno spettacolo a caso, senza conoscere a fondo gli interpreti o l’oggetto stesso dello spettacolo.
E accade, quindi, di trovarsi nel più antico teatro d’Europa – di certo uno dei più belli e famosi al mondo – per ascoltare, con disinvoltura e leggerezza, uno dei tanti concerti che rientrano nel programma di ogni stagione teatrale.
Accade che domenica si sia tenuto il concerto dell’Orchestra San Carlo, in casa sua, nel Teatro Massimo della nostra città.
A dirigere l’orchestra la Direttrice Susanna Malkki, soprano Maria Agresta.
I nomi – scritti sul programma – non dicevano molto allo scrivente ma lo stupore, man mano che il concerto prendeva corpo, andava di pari passo con l’andamento degli acuti previsti per la soprano nelle prime due arie e dei diversi movimenti e toni nei vari passaggi della Prima Sinfonia di Gustav Mahler: il tutto in perfetta sincronia ed armonia, come se fosse stato previsto a monte.
Il concerto ha esordito con la denuncia netta e chiara, breve, grave e diretta proclamata dalla voce della soprano – a nome dell’intera Fondazione San carlo – contro i maltrattamenti delle donne e i femminicidi, piaga sociale costante nel nostro paese. Era ancora recente la notizia dell’ennesimo femminicidio da inizio anno nel nostro paese, 107 per l’esattezza, drammatico epilogo della vicenda di Giulia, che appena in mattinata si era conclusa e aveva rivelato il suo tragico epilogo.
Il concerto non poteva cominciare senza schierarsi dalla parte giusta, contro ogni forma di violenza perpetrata ai danni delle donne. E così è stato.
Solo le note della musica eccelsa sono state in grado di diluire il dolore e la rabbia denunciate da Maria Agresta senza cadere nel banale o – peggio ancora – risultare fuori luogo. Solo quelle.
Accade poi che il concerto prenda forza e spessore inizialmente con le arie di Beethoven e Mendelsshon che grazie alla voce educata e piena di sfumature di Maria Agresta tenga elevata l’attenzione del pubblico e non consenta distrazioni di alcun genere. L’orchestra per definizione è un organismo unico che si muove all’unisono ma a guardarla da vicino, è composta da uomini e donne, tutti diversi, ciascuno impegnato ad interpretare in maniera originale il proprio ruolo all’interno di questo meraviglioso e multiforme essere vivente. E allora, individuando uno ad uno i leggii, gli spartiti e chi ci si siede dinanzi, accade che si scopra il carattere più estroverso e sognatore di chi segue la musica ondeggiando il capo; quello più austero di chi – più tecnico – pone la propria attenzione a rendere l’esecuzione il più perfetta possibile; quello più nervoso ed emozionato di chi – chiamato ad una parte di primo piano o in fase di attesa – malcela la propria tensione per figurare al meglio, al cospetto della blasonata direttrice e ai suoi navigati colleghi.
La Direttrice, elegante e stilosa, ha legato con raffinata autorità i talenti dei musicisti con i quali ha avuto modo di interagire nel corso delle prove fino al culmine della prestigiosa ribalta e ne ha tirato fuori un insieme di tonalità e armonie che il pubblico ha acclamato quando previsto: e anche quando non avrebbe dovuto. Ma la voglia di esprimere consenso è sfuggita al controllo soprattutto in risposta al garbo e alla gentilezza con cui la Direttrice ha presentato al pubblico – applaudendo Ella stessa – la performance della raffinata soprano e in un labiale finnico-italiano le ha rivolto un sintetico ma convinto …”brava”, accompagnato dal suo splendido sorriso.
La pausa.
Il tempo di un caffè alla Bouvette; qualche minuto per percorrere – ammirati – il Salone degli Specchi; una boccata d’aria fresca sulle scale che portano al Giardino Romantico. Momenti importanti, adatti a prendere fiato, guardarsi intorno, prepararsi a dovere alla seconda parte. Mentre incuriositi osserviamo la gente chiacchierare e sorridere, ci avvolgono le note di strumenti a fiato che da lontano, nei sotterranei limitrofi alle sale di pertinenza del Teatro, stanno ancora provando. Inevitabile immedesimarsi nei panni degli orchestrali, macchine da lavoro spesso senza sosta, professionisti chiamati contemporaneramente su più ruoli e in più progetti, pedine silenziose e insostituibili di un meccanismo che senza di loro non avrebbe ragion d’essere. Chissà come fanno a preparare concerti e opere provando poche volte, dando semplici letture degli spartiti e memorizzando accenti, toni, attacchi e chiusure rispettando le istruzioni di un direttore o di una direttrice incontrati poche volte e dovendo comunicare col lui – o con lei – in una lingua diversa dalla propria. Eppure li trovi pronti, nei loro abiti di scena; seduti ai loro posti, condividendo in due un leggio dove sistemare lo spartito e sfogliarne a turno le pagine. Li vedi, ora in un teatro, ora in una sala prove e ritrovarli – dopo un’ultima rappresentazione di un’opera di Rossini – essere già pronti due giorni dopo per un concerto sinfonico o un’opera di Puccini. E intendersi alla perfezione tra di loro e con direttori d’orchestra dalla diversa formazione professionale, da percorsi artistici differenti e con caratteri diversi, ciascuno con un modo personale di comunicare con un’orchestra composta anche di un centinaio di elementi e più.
Accade che, rientrati in sala rilassati e ammorbiditi dai minuti di pausa, si riprenda posto in attesa della seconda parte, annunciata – dal programma di sala – più lunga delle due arie appena ascoltate messe insieme. La sinfonia di Mahler ci è stata rivelato, da una musicista primo violino pronta sul palco a suonare, essere molto complicata e “fisica” da eseguire; e così è apparsa anche a noi profani, che di musica classica forse non ce ne intendiamo ma che abbiamo imparato ad apprezzare e assaporarne la bellezza, senza alcun pentimento.
La Direttrice con eleganza e assoluta padronanza dello spartito ha preteso e ottenuto la veemenza e la dolcezza che l’autore ha chiesto nel momento in cui ha ideato l’opera; la perfetta acustica del teatro ha portato fino alle poltrone più lontane e ai palchi di fila più distanti ogni colore e accento, nella riscrittura che la Malkki ha voluto operare. Non è mancato il garbo di offrire al primo contrabbasso, sistemato nell’ultima fila sulla destra e prossimo alla pensione, una dedica affidando nel silenzio dell’intera orchestra alle sole sue dita e al solo suo strumento il compito di introdurre – tra il secondo e il terzo movimento – il tema musicale che sarebbe stato sviluppato nel corso della parte restante della sinfonia…fino al suo vibrante e altisonante epilogo e alla sua determinata e drastica conclusione.
Lunghi minuti di meritati applausi per la Direttrice e per ciascuno dei reparti da Lei chiamati singolarmente alla ribalta, per dar loro merito del lavoro evidentemente svolto secondo le sue istruzioni e per il pubblico, per consentire un plauso diretto ai singoli e non solo alla Grande Orchestra.
Accade infine che, rientrati a casa, diamo una lettura attenta al programma di sala per comprendere meglio cosa abbiamo appena ascoltato ma, soprattutto, per capire la portata dell’evento cui abbiamo avuto il lustro di partecipare. Apprendiamo di una Direttrice al suo esordio al San Carlo dopo un debutto in Italia al Festival di Ravello otto anni fa; di una soprano che ha calcato i più prestigiosi palcoscenici del mondo; di arie “illuminate” e di una sinfonia che costituisce un severo banco di prova per l’Orchestra; di Interprete e Direttrice di valenza internazionale, come internazionale è la fama e la qualità dell’orchestra.
Ci assale e si impadronisce degli ultimi stralci della sera la consapevolezza e la soddisfazione di aver assistito a un evento unico e di elevato livello in attesa dei prossimi, avvolti da velluti rossi, fregi d’oro e note d’argento: il San Carlo.

2 pensieri riguardo “Velluti rossi, fregi d’oro e note d’argento

  • Novembre 22, 2023 in 4:43 am
    Permalink

    Scrivi e descrivi così bene che anch’io mi sento presente.

    Rispondi
    • Novembre 28, 2023 in 9:32 pm
      Permalink

      Sei gentile Antonio. Grazie. E’ proprio questo il mio scopo: scrivere, descrivere affinché chi legge si senta parte della storia o del luogo di cui scrivo. Grazie

      Rispondi

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