Domenica è sempre domenica, ma non tutte le domeniche sono uguali

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Domenica è sempre domenica. Ma non tutte le domeniche sono uguali

Domenica scorsa. 4 gennaio.
Pensavo di essere solo.
Condizioni difficili da verificarsi contemporaneamente.
Prima domenica del mese (musei gratis), pioggia scrosciante con allerta meteo, partita del Napoli in pomeridiana.
Scelgo il Museo di Capodimonte, anche per respirare un po’ dell’aria buona del parco che lo
contiene e cominciare a ripulire il corpo dopo gli eccessi delle festività appena trascorse.
Invece, con piacevole sorpresa, a calpestare i pavimenti del secondo piano del museo e ad aggirarsi tra le opere della Pinacoteca Farnese, ultimamente decimate dalla mostra Napoli al Louvre, non ero solo.
Coppie di fidanzati, mamme con passeggini, rumorosi gruppi di visitatori chiamati dalla gratuità
dell’ingresso, bambini.
Alla biglietteria sono accolto da un’addetta, chiusa nel suo pullover di lana collo alto e nei suoi
guanti a mezze dita, riscaldata da una stufa nascosta sotto la sua postazione. Ne sono compiaciuto: la biglietteria è rivolta verso l’esterno e l’umidità del Bosco che raggiunge ogni angolo dell’intero pianterreno richiede qualche tutela per contrastare il freddo.
A farmi compagnia sullo scalone di ingresso sono la luce ormai fioca del giorno che sta per cedere il passo al buio della sera, le – per fortuna – discrete lampadine di appliques d’epoca che illuminano con luce radente i busti di imperatori romani che cadenzano i pianerottoli fino all’erma in bronzo del padrone di casa – Re Carlo III di Borbone – e le meravigliose ringhiere ornate in ferro battuto che delimitano i marmi degli scalini e trasudano eleganza e storia. Non mi sento solo. Per nulla.
L’atmosfera avvolgente è morbida, accogliente.
Le prime domeniche del mese il Museo – purtroppo – restringe la sua disponibilità al solo secondo piano, alla Pinacoteca con i capolavori dei maestri del ‘600 napoletano.
Ci sarà un motivo, poco gradito ai visitatori che ho incontrato discendere dalla loro visita e a cui
non mi sento di dare torto.
Ma rientra tra le variabili esogene, tra quelle cose difficilmente spiegabili con le informazioni disponibili per i comuni utenti.
Maestoso è il punto di vista che ogni volta mi rapisce appena varcato l’ingresso del secondo piano: la sala degli arazzi che raccontano tutte le fasi della tragica e sanguinosa Battaglia di Pavia del 1525. Da bambino mi annoiavano e non ne comprendevo la grandezza. Adesso, leggendo le didascalie, osservando i dettagli, i volti antichi, le dimensioni, gli armamenti, le uniformi visibili sulle tele mi proiettano la storia di un’epoca lontana, di drammi vicini, contemporanei, tragici: le guerre. La sala e gli arazzi – oggetto di recenti restauri – costituisce una gradevole e sontuosa anticamera di quello che andrò ad attraversare, un impegnativo scrigno di tesori e capolavori l’uno più prezioso dell’altro.
La mostra “Oltre Caravaggio” unisce con un invisibile filo rosso tante opere del barocco napoletano: Battistello Caracciolo, Luca Giordano, Mattia Preti, Aniello Falcone, Andrea Vaccaro, Massimo Stanzione, Bernardo Cavallino, Matthias Stomer e tanti altri. Il capogiro inevitabile che mi prende, non mi distrae però dall’idea che tale mostra sia stata allestita per mescolare e nascondere la mancanza dei più pregiati pezzi che il Museo contiene da sempre e per i quali giungono visitatori da tutto il mondo.La Flagellazione di Caravaggio; Il Sileno ebbro di Jacopo de Ribera (lo Spagnoletto), Antea di Francesco Mazzola (il Parmigianino), Giuditta che decapita Oloferne di Artemisia Gentileschi, e poi cartoni preparatori di Michelangelo, opere di Guido Reni, Tiziano, Raffaello, Annibale Carracci rd altri ancora.
Il Direttore che ha cambiato in meglio le sorti del Museo e del Parco di Capodimonte – Sylvain Bellenger – e che attualmente ha lasciato l’incarico per sopraggiunti limiti di età, si è reso il tramite per un dialogo fra due delle più grandi collezioni europee, un confronto tra il patrimonio del Louvre e quello di Capodimonte, fra due residenze reali storiche attualmente sedi rispettivamente del museo più famoso al mondo e uno dei più prestigiosi attualmente visitabili finora – sono parole del Direttore – “purtroppo poco noto fuori dai circoli culturali” pur non esitando a definirlo “museo meraviglioso”.
La mostra Napoli a Parigi e il suo programma, negli intenti originali, vuole stimolare la conoscenza all’estero della collezione permanente del Museo della nostra città ma anche l’occasione per un restauro delle cornici storiche di alcuni preziosi dipinti e degli spazi espositivi, installando un nuovo sistema di climatizzazione a tutela della buona salute delle opere (il cambiamento climatico – in barba ai negazionisti – viene avvertito anche dai pigmenti colorati con i quali artisti di ogni tempo e di ogni scuola hanno creato opere immortali – ahimè – anche loro da tutelare).
Inevitabile esprimere la personale diffidenza circa tempi di partenza e di rientro di opere che fin da bambini – e poi negli anni – abbiamo imparato ad ammirare. Tuttavia la mancanza dei pezzi principali rappresenta una ghiotta occasione per porre maggiore attenzione a capolavori della Scuola Napoletana, poco rappresentate e conosciute, che farebbero la fortuna di tanti musei nel mondo ma che sono offuscati per fama e manifattura proprio dai quei capolavori che per sei mesi sono mancati e ancora attendono di riprendere la propria collocazione nel museo dove sono di casa.
Oggi, domenica 14 gennaio.
Seconda domenica del mese; pioggia, umidità, cielo plumbeo. Il Napoli ha giocato sabato, ieri; niente musei gratis.
Oggi è il giorno del dolore e dello sconforto per la morte del Maestro Enzo Moscato.
E’ un giorno di lutto per l’arte, quindi per tutti.
Domani, lunedì 15 gennaio, presso la Sala Assoli sarà aperta una camera ardente dalle 1” alle 14 e alle 15 sarà celebrato il funerale presso la chiesa di San Ferdinando, la chiesa degli artisti in piazza Trieste e Trento.
Domenica è sempre domenica. Ma questa non è una domenica come le altre.
Non può esserlo.
E’ la domenica del silenzio.

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