Co’stell’azioni, scintille e diamanti

Ho pensato a lungo cosa scrivere per raccontare lo spettacolo cui ho assistito domenica 21 gennaio alla Sala Assoli.
Avrei potuto parlare dell’emozione di entrare in quella sala, a distanza di solo una settimana dalla camera ardente allestita proprio su quelle tavole, per Enzo Moscato.
Avrei potuto iniziare descrivendo il clima accogliente e sommesso che si respirava alla biglietteria nonostante ci fossero molte persone in fila.
Avrei potuto cercare di rappresentare le sensazioni provate dinanzi ai pannelli bianchi su cui sono affisse immagini di Enzo, dolcemente illuminate ad arte e avvolte dalla voce intonata del Maestro in canzoni o impegnata a declamare versi e monologhi tratti dai suoi spettacoli.
Avrei potuto accennare alla rassegna We Love Enzo, alla sua seconda edizione, che domenica ha messo in scena Co’Stell’Azioni, secondo spettacolo della rassegna in corso.
Nessuna delle direzioni e modalità sarebbe riuscita in modo soddisfacente a fare da filo di Arianna per rientrare e uscire ancora una volta dal linguaggio di Moscato.
Co’stell’azioni è un percorso, un viaggio a metà tra l’onirico e il reale, tra l’incubo e la storia.
Una passeggiata tra i vicoli scuri dei Quartieri Spagnoli e delle infanzie di chi ne ha calpestato i basoli consumati e umidi per la pioggia sottile e la rugiada che – in questa stagione – la sera e all’alba immancabilmente cala, rendendo scivolosa la strada.
E’ un labirinto di siepi ordinate e squadrate che fanno buio e luce al viandante che sceglie di percorrerne i sentieri.
Un filo da trattenere sarebbe indicato, per trovare la via d’uscita.
Ho scelto di lasciarmi andare.
Posto in prima fila, per poter sentire le tavole sotto i piedi, le stesse tavole che sarebbero stare calpestate dalle attrici.
Tre postazioni con aste e microfoni: al centro un leggio rialzato, un praticabile a simulare un patibolo, un cappio da impiccagione illuminato – all’occorrenza – con luce radente.
Sapienti tagli di luce (quanto riescono a dire e a rendere opportuni tagli di luce, ancora prima della recita.
Il testo, mandato dalla voce sapiente delle attrici, è la chiave che permette di scavalcare il confine fra vivi e morti, fra l’interno e l’esterno dell’anima, e che per questo consente a ciascuno di osservarla dalla giusta distanza.
A Napoli siamo abituati ad un rapporto confidenziale con il regno dei morti. Vuoi perché fin dall’antichità si riteneva fosse poco distante da qui l’accesso all’Ade; vuoi perché, da abituali scanzonatori quali siamo, la Morte (quella naturale) non l’abbiamo presa mai troppo sul serio; vuoi perché siamo abituati a parlare con i morti e da loro attendiamo divinazioni, segni, voci.
Le attrici in scena sono spiriti, anime che vengono a raccontarci dei fatti di cui sono state vittime; sono dee pagane, testimoni carnali dei processi farsa, degli orrori e dei martiri perpetuati ai tempi della Rivoluzione Giacobina; sono il veicolo privilegiato per rappresentare ancora una volta, in chiave poetica, l’evento politico che più di tutti ha coinvolto e sconvolto la storia della nostra città
Lo spettacolo è un mosaico di scene, un caleidoscopio di colori, suoni, musica e luce che non stanca anzi, che appassiona.
Scintille di luce che rimbalzano tra finestre e schegge di vetri infranti, lasciati sui basoli dei vicoli.
Cristina Donadio, Vincenza Modica ed Enza Di Blasio sono ruote dentate di un ingranaggio perfetto. I tagli di luce entrano, escono … morbidi, graduali. Nulla distoglie dall’intensità di monologhi che sembrano non avere nulla che li leghi se non la follia di una visione superiore che ne – poi – costituisce la magistrale regia.
La voce di Enzo ogni tanto accompagna quello delle attrici e fa da scialle antico, come quello delle nonne, primo e più efficace supporto per riscaldare un bambino smarrito quando è preso da freddo improvviso: un po’ come il gelo che e calato pochi giorni prima sul mondo del teatro alla notizia della Sua dipartita.
Con voce sottile e intonata, Moscato abbozza una gentile “La Marsigliese”; conduce dove Lui vuole lo sguardo dello spettatore; e anche quando le attrici si trovano ad intrecciare i loro monologhi e sovrappongono le loro voci … anche allora la grazia e la loro bravura offrono il filo cercato all’inizio del primo buio, e danno la certezza di aver raccolto quanto Co’stell’azioni e il suo autore hanno voluto seminare.
Porta emozione la citazione finale de “Sogno di una notte di mezza estate”, dolce risveglio per il pubblico che dopo un viaggio onirico percorso in debito d’aria, sente di uscire nuovamente in grado di respirare a pieni polmoni.
Gli applausi sono forti, tesi, intensi. Vorrebbero dire tanto di più alle attrici che si concedono insieme e singolarmente; si chiamano a vicenda, si spingono verso il pubblico per raccogliere – ciascuna – il proprio consenso.
Sono emozionate, e non poco.
Cristina mostra il leggio centrale, quello che Enzo tante volte ha adoperato in scena.
Lo ringrazia, silenziosa: lo guarda, come se Moscato fosse li.
Lentamente vengono su le note di uno dei brani più famosi della storia della musica contemporanea (il fascino di quello che il teatro sa fare).
All’improvviso tutti in sala sanno cosa sta per accadere.
La musica lentamente sta aumentando di volume; prosegue il brano fino all’uscita di scena delle protagoniste.
Prendono allo stomaco le note di quella nenia che man mano rimbombano fino a far vibrare la pancia.
Il pubblico – già in piedi per il tripudio – comincia a muoversi.
Un brivido sulla schiena ha preso tutti.
Le note che ci accompagnano verso l’uscita, non senza qualche lacrima di commozione, sussurrano senza indugio:
“Continua a brillare, diamante pazzo. Vorremmo che tu fossi qui”.

La rassegna We love Enzo prosegue con:

Trianon, dal 25 al 28 gennaio, con Imma Villa, Mariachiara falcone, Valeria Frallicciardi, Francesca Morgante

Kinder – Traum Seminar (Seminario sui sogni dei bambini), dal 2 al 4 febbraio, con Cristina Donadio, Vincenza Modica e Giuseppe Affinito.

 (il venerdi e il sabato ore 20,30; la domenica ore 18)

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