The Ranch is Empty Capitale Umano
E’ sabato sera; un nubifragio si abbatte sulla città e un vento forte ne sferza i vicoli con raffiche improvvise e rabbiose. E’ la serata in cui si svolge la finale del festival di Sanremo, e persino i teatri anticipano l’orario di inizio dei loro spettacoli.
Così accade anche al Piccolo Bellini, intrigante e intimo teatro all’interno del complesso del Teatro Bellini in via Conte di Ruvo. Se il Bellini è un teatro gioiello nel Centro storico, il Piccolo Bellini ne costituisce la gemma più preziosa. Un teatro dove il palcoscenico è grande quanto la platea. Non ci sono palchi. Si tratta di un’unica grande sala divisa in due tra palcoscenico e platea, con comodi posti a sedere disposti su una cavea in legno. Ogni spettatore ha una visione perfetta del palcoscenico; acustica ottima. Le pareti sono interamente tappezzate da centinaia di cornici con foto di copertina, ritagli di articoli di giornale d’epoca, interviste ad attori e registi, foto dei protagonisti dei palcoscenici di città in chissà quante e quali epoche andate. Chissà che tra quei volti non ci sia qualche antenato di uno dei tanti spettatori che da anni riempiono la sala. Ai lati della cavea, l’illuminazione è assicurata da lampioni che ricordano quelli stradali, che offrono un’atmosfera diversa, quasi ci trovassimo in strada e il palcoscenico fosse una piazza.
Ci si sente ben accolti al Piccolo Bellini.
La struttura del palcoscenico consente lo svolgimento di spettacoli di diverso genere.
Stasera – ad esempio – troviamo le tavole rivestite di guaina da danza. Mentre prendiamo posto, vediamo già pronti in scena gli attori-ballerini in azione scenica di preparazione al momento in cui si farà buio e si darà inizio alla performance.
The Ranch is Empty Capitale umano è uno spettacolo di teatro danza , una performance di concept danza, prodotta dalla compagnia belga Poetic Punkers: ma a loro piace farsi chiamare Collettivo. Questo ci piace assai. E’ uno di quegli spettacoli che – per il genere – può incutere diffidenza, persino timore. La performance, invece, si rivela fin dal primo movimento diversa dai pregiudizi dei non addetti ai lavori e mostra l’innata capacità di tenere salda la tensione e l’attenzione ai movimenti muti che i danzatori eseguono.
I Poetic Punkers parlano di danza urbana, riferendosi alla natura e alle linee guida delle coreografie di Natalia Vallebona. C’è forza, unisono, intesa, dinamismo. Corpi privi di vita (quasi burattini) si rianimano, fino a sollevare un corpo che un istante prima esprimeva vigore e forza. Non ci sono ruoli deputati; non c’è distinzione nei ruoli tra donne e uomini. Non ci sono vittime che non diventino carnefici; non ci sono innamorati che non diventino antagonisti; non c’è un salvatore che non attenda di essere salvato. Ogni movimento, ogni presa, prevede un contatto dove non alberga la minima morbosità o eccesso. Tutto è misurato al centimetro per rientrare nelle geometrie algebriche di un palcoscenico scarno, reso libero per gli ampi movimenti dei numerosi protagonisti in scena, e in quelle morali e personali dei danzatori. C’è studio. Tanto. Sono evidenti le ore trascorse a montare uno spettacolo del genere, che – nonostante fosse pieno di tante interazioni lettteralmente lanciate verso la platea – può riservare ancora a sé il lusso, nel mutismo vocale del suo svolgimento, di lasciare allo spettatore il tempo di proiettare la propria storia, immaginare i fatti, trovare il proprio significato, individuare il proprio tiranno, la propria vittima prediletta, il proprio innamorato, il proprio amore tradito, trascurato.
Lo schema del corpo a corpo fra danzatori si dipana nel corso dell’intera performance con impegno fisico e grazia che non hanno sesso. Individui che a turno escono dalla massa anonima e ritrovano la propria identità, nel tentativo di scorgere una via di uscita e conquistare la salvezza da chi ne vorrebbe soffiare via l’anima, e rendere nuovamente burattino inerme il meraviglioso organismo che ciascuno sa di essere.
L’impegno fisico e la complessità della performance rendono obbligatoria una durata limitata nel tempo, per quel che riguarda lo spazio in scena. Una volta fuori, la performance continua. Continua nelle domande, nei dubbi, nelle bellezze, persino nelle inevitabili perplessità o punti di domanda: impossibile restarne fuori.
Bravi, bravissimi i danzatori. Tutti giovani.
Morbida e romantica la coreografia.
Pertinenti e coerenti tagli di luce e colonna sonora che – prodotta da un sintetizzatore in scena – ripropone frasi ripetute che ben si allineano ai battiti del cuore e al respiro di ciascuno spettatore in sala.
Spettacolo, performance, piece. Diversi modi di nominare un’esperienza nuova, diversa, che chi ama il teatro non può non sperimentare.
Il Ranch non è vuoto. E’ pieno, stracolmo, di Capitale Umano.
Lo spettacolo si terrà ancora domani, domenica 11 febbraio, al Piccolo Bellini, via Conte di Ruvo 14.
A Napoli.