Oltre ogni possibile fine

Pier Paolo Pasolini, per me – e non solo per me, credo – è stato un capitolo del mio libro di letteratura del liceo, uno di quei capitoli di fine libro di quinta, quelli che trattano autori contemporanei che i professori non riescono mai a trattare per gli inevitabili ritardi nella programmazione dell’intero anno o ciclo scolastico; è stato un fatto di cronaca che ha occupato le notizie di telegiornali ai tempi della mia infanzia che documentavano la sua tragica fine; è stato una figura disegnata su carta e affissa all’ingresso del Monastero di Santa Chiara (in poco tempo vandalizzato) che rappresenta un uomo (lui) che tiene in braccio un se stesso morente; di recente una inconsistente serie di citazioni e frasi estratte da suoi discorsi, che notturni poeti – inconsapevoli – da tastiera postano sui propri profili.
Sabato, 9 marzo 2014, Rosalba De Girolamo ha proposto Amado mio, di e con Rosalba De Girolamo, il suo sentito omaggio all’autore, al poeta, al filosofo, al regista, all’uomo, in lieve concomitanza con l’anniversario della nascita: 5 marzo 1922. Nel 2024, l’uomo, avrebbe compiuto 102 anni.
Si: l’uomo.
L’omaggio si è svolto attraverso l’intreccio di letture e monologhi che Rosalba ha proposto nell’affascinante e originale cornice del Tin, Teatro Instabile di Napoli, diretto da Gianni Sallustio, una struttura teatrale di tutto rispetto allestita in una cisterna di epoca romana, ventri metri sotto terra, nel cuore della città.
Roba da non credere, se non la si vede.
Un teatro circolare, dove i posti a sedere sono allestiti su cavee di legno inserite nelle volte a botte della cisterna, tra le poderosa colonne in pietra che ne sorreggono la struttura, e dove il palcoscenico offre tante possibilità agli attori, o meglio a quegli attori che sono in grado di sfruttare le peculiarità acustiche di un ambiente così stimolante, ma così difficile da tenere a bada.
Roba da professionisti navigati.
Rosalba – evidentemente – possiede un mixer alieno, posto tra mente e cuore; un sistema collaudato di regolatori di potenza e sfumature che consentono alla sua voce di offrire colori, intenzioni e tonalità che altrimenti non sarebbero pensabili in un mondo terrestre.
Legge appassionata alcune lettere che Pasolini ha scritto, frammenti di un suo diario segreto, storie segrete affidate all’unica donna verso la quale (sono parole sue) “ha provato qualcosa che possa chiamarsi amore”, confidenze intime e commoventi dichiarazioni di fiducia e aiuto rivolte alla madre.
E molto altro.
Non c’è riga o frase cui Rosalba non affidi un poderoso carico emotivo. Non c’è angolo del suo pubblico cui lei trascuri di rivolgere i suoi occhi magnetici, a tratti demoniaci e taglienti, ma sempre accoglienti e richiedenti condivisione, presenza, affetto. Il suo viso – a volte – anticipa la frase che sta per pronunciare; il suo sguardo fissa punti precisi dinanzi a sé, quasi fossero bitte di un molo cui agganciare la propria gomena. Effetti di luce sapienti e intelligenti assecondano – amplificando l’effetto – le sue espressioni e gli effetti speciali cui ci ha abituato quando è in scena. A volte appare trasparente, altre carnale e terrena; evanescente, elegante, scolastica, impeccabile. Un ventaglio di attrici in una; un caleidoscopio di possibili sfumature e colori, sia quando legge sia quando – con sontuosa autorità – si allontana dal leggio e si esprime in solenni monologhi, volge le spalle per vedere insieme al pubblico le proiezioni sulla pietra della cisterna, beve un semplice sorso d’acqua o raccoglie una rosa rossa e la depone sul leggio – vuoto – di fianco al suo.
Quello che viene a galla, e che non si può fermare, è la palpitazione sanguigna di chi ha scelto di raccontare il Pasolini uomo, prima ancora dell’artista di cinema e teatro, prima ancora del poeta o dello scrittore. Vibrazioni vanno e vengono nell’ampia botte che la struttura della cisterna mette a disposizione dei presenti. Rosalba, ideatrice, autrice, regista e interprete di Amado Mio, viene investita dalle emozioni che lei stessa lancia ad un pubblico attento e qualificato; emozioni che girano, rimbalzano, vanno e ritornano, come un’eco che non altera l’effetto finale ma che è in grado di elevare – man mano che passano i minuti – la temperatura non solo dell’ambiente ma anche del cuore di chi ha assistito a questa rappresentazione dal format così originale e riuscito.
A fine spettacolo gli applausi sono lunghi, insistenti, incalzanti. Non mancano gratificanti manifestazioni di pura e sincera commozione.
Rosalba sorride rilassata e grata per il gradimento dimostrato, ma non tralascia di rivolgere la sua personale gratitudine al Maestro, la cui presenza è garantita da una rosa rossa adagiata su un leggio vuoto, dinanzi al quale Rosalba si inchina e applaude.
E’ il momento di andar via e, tornati a casa, di riaprire quel consunto volume di letteratura di quinto liceo, sfogliare le pagine su cui si racconta la vita e si elencano le opere di colui che è stato definito – da chi se ne intende – una delle più importanti e controverse figure intellettuali contemporanee, entrare nelle parole che ci ha lasciato e cercare di comprendere l’attualità del suo messaggio o il bagaglio emotivo dei suoi lavori, oltre ogni pregiudizio, oltre ogni forma … oltre ogni possibile fine.

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