Vittorio Valiante: Spazio e Materia

Una delle strade più accattivanti della nostra città è Via Costantinopoli, l’arteria sempre trafficata che dal Museo Archeologico Nazionale conduce a Piazza Bellini, porta d’accesso privilegiata del cuore pulsante del centro storico. Accattivante perché contiene tutto quello che un uomo può desiderare: strutture ricettive per turisti, botteghe storiche di fabbri (interpreti della pregiata e storica Scuola del Ferro Battuto Napoletana). E poi scuole, università, negozi di mobili e libri di antiquariato, l’Accademia delle Belle Arti, negozi di supporti per ortopedici e artisti, basiliche ricche di storia e di opere d’arte (due purtroppo chiuse da anni); palazzi storici con all’interno hotel e b&b di lusso, bancarelle di libri usati, bar e ristoranti, in un crescendo ritmato da alberelli e illuminazione urbana che – strano a dirsi – privilegia non solo la sede stradale ma anche i comodi e adeguati marciapiedi.
Mancano solo una farmacia e un ciabattino. Ma sono lì vicino, ed è cosa di poco conto per quello che stiamo per raccontare.
Tra gli esercizi fronte strada che si incontrano camminando verso Piazza Bellini c’è lo Spazio Nea, bar da aperitivi e luogo di incontro, servito da un ingresso tutt’altro che appariscente.
Sembra un bar eppure è molto altro, e non solo perché gli ambienti che si susseguono conducono come per magia nellospazio delimitato dalla imponente e artistica cancellata – da un lato – e le splendide scalinate in piperno del Complesso di Sant’Antonio delle Monache a Port’Alba – dall’altro che si aprono come un abbraccio sulla piazza dedicata al musicista catanese.
Lo Spazio Nea è anche un elegante luogo di cultura, di incontri, di musica, di conversazioni di qualità.
E’ luogo di riflessioni intime, un luogo che sembra fatto apposta per condurre chi sceglie di spendere un’ora del suo tempo fuori dal caos e dal traffico cittadino, fuori dai ritmi frenetici in cui tutti restiamo invischiati.
Nessuno si senta escluso.
Venerdì 15 marzo, mentre c’era chi ricordava le celebri Idi e uno dei tradimenti più famosi che la storia ci abbia sino ad oggi raccontato, abbiamo partecipato con entusiasmo alla presentazione del Catalogo Mātĕr-ĭa, un elegante, scorrevole e denso volume che – pagina dopo pagina – raccoglie immagini, testi, didascalie e riflessioni sull’opera del giovane artista Vittorio Valiante, da cui il catalogo ha preso il nome: Mātĕr-ĭa, appunto.
Mātĕr-ĭa è un ciclo pittorico voluto dall’Associazione Tramandars e dagli Amici del Casamale che l’artista ha eseguito e collocato sotto l’abside della collegiata di Santa Maria Maggiore sita nel borgo Casamale, meraviglioso angolo medievale nel centro di Somma Vesuviana.
Si può indugiare a lungo nel descrivere analiticamente ogni elemento delle singole opere; si può scegliere di raccontare minuziosamente le istanze di origine e le fasi dell’allestimento di un’opera impensabile e universalmente introspettiva; ci si può interrogare in vari modi circa il come, il perché, il fuori, il dentro, il senso e il significato di quanto il catalogo mostra.
Ma questo lo hanno fatto egregiamente Elisa Perillo, curatrice della mostra; Gaetano Russo, presidente dell’Associazione Tramandars; l’artista (emozionato e impacciato con le parole, almeno tanto quanto si senta a suo agio – invece – nel laboratorio dove partorisce le sue creazioni, tra materiali, attrezzature, colori, odore di solventi, cavalletti e pennelli).
Ci rendiamo subito conto che queste opere vanno viste dal vivo.
Restiamo piuttosto sul dove è stata realizzata l’installazione.E lo facciamo con le parole dello stesso Vittorio Valiante, talentuoso artista che per anni ha alternato la sua attività di pittore a quella di madonnaro a via Toledo, tra cittadini distratti, turisti curiosi, frettolosi abitanti di una terra che a volte – non si accorgono nemmeno di calpestare un’opera d’arte disegnata a gessi colorati su un marciapiede.
Somma Vesuviana non è un luogo come un altro. E’ un paese incastrato in un tessuto sociale da conoscere a fondo, un universo nel quale bisogna solo vivere per capirlo. E’ un luogo dove gli abitanti chiamano “mamma” la Montagna – ‘a Muntagna – che sovrasta il paese e che da un momento all’altro potrebbe essere la causa della sua fine. E’ un paese dove la gente per strada ti parla, si racconta, ti incita se comprende che stai facendo qualcosa per la comunità. Sono labili i confini del mio e tuo in un posto come questo e la diffidenza nei confronti del forestiero crolla soltanto nei confronti di chi accetta di mostrarsi senza veli nè armature, forte solo del proprio talento e dignità morale, proprio come ci racconta di aver fatto Vittorio, giovane di età ma esperto e capace nella sua arte.
Durante la presentazione Vittorio ci ha mostrato immagini e video della preparazione dell’installazione nella quale ha esposto il ciclo pittorico, caratterizzato da uno stile decisamente individuabile e in grado di penetrante lo sguardo di chi guarda. Una sorta di mostra al rovescio dove l’opera raggiunge lo spettatore e lo attraversa, ne chiede conto e ragione, lo osserva.
I grandi pannelli (che Vittorio ha utilizzato per i suoi dipinti)sono volutamente esposti e sostenuti da una struttura di grande effetto che – è lui a spiegarlo – “rappresenta un ventre materno visto dall’interno, un’intricata alcova dentro la quale è il bambino ad osservare il genitore.
Il ritmo del suo racconto si fa incalzante, appassionato, partecipato. Tanto partecipato.
Ad alcuni presenti, la struttura riporta alla mente il nido nel quale i piccoli volatili, appena schiuse le uova e ancora ad occhi chiusi, affidano ai loro sensi la percezione della madre, del cibo, della loro crescita.
Somma Vesuviana ne costituisce a pieno diritto la metafora vivente. Non è solo terra di vulcani, universo di artigiani di tammorre e percussioni popolari, patria storica del Baccalà(sia riguardo la distribuzione che la raffinata degustazione), sede della Festa delle Lucerne (e chi può la vada a vedere).
Somma Vesuviana, il Borgo del Casamale, sono loro stessi incubatori contro corrente di talenti, cultura e artisti, grazie ad associazioni quali Tramandars e Amici del Casamale per lequali non sono – per fortuna – confini territoriali e caratteristiche antropologiche i criteri di ideazione, realizzazione e promozione di bellezza e iniziative culturali.
Ai loro instancabili componenti dobbiamo la possibilità di visitare questa installazione dal vivo, calpestando quei selciati storici e percorrendo quei vicoli tutt’altro che scontati. A loro, riconosciamo con gratitudine la disponibilità proposta ad artisti quali Vittorio Valiante di veder crescere in questo incubatore – altre creature dal nido del suo laboratorio, che sono lì ad occhi chiusi e becco aperto, in attesa di essere nutrite e – ci auguriamo – presto realizzate, legate tutte dal sottile filo rosso della passione del loro creatore, Vittorio Valiante – sofisticato artigiano delle figure – ed elegante, come il sottile filo rosso scelto per la rilegatura del suo catalogo.

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