“Io so che le guerre le perdono anche quelli che le vincono”.

 

 

 

 

 

 

 


Quando la realtà supera le parole scritte su un opuscolo, è una realtà in cui vale la pena di immergersi.
Te ne accorgi solo dopo aver fatto atto di presenza, dopo aver svolto il proprio ruolo di spettatore consapevole, in grado di astrarsi dalle parole altrui e che sceglie di prendere parte.
Facile, quando tutto avviene in teatro; ancora più facile quando il sito in questione è il Teatro Grande di Pompei.
E’ la forza del Pompeii Theatrum Mundi, rassegna di spettacoli organizzata da Teatro di Napoli – Teatro nazionale Parco Archeologico di Pompei, presso l’incantevole cornice all’interno del Parco Archeologico più famoso al mondo che quest’anno vive la sua settima edizione.
L’accoglienza riservata al pubblico dall’organizzazione – hostess, steward, addetti stampa e sicurezza – è garbata ed efficiente. La cornice è intrigante, misteriosa, seducente. Lo stupore che avvolge lo spettatore nel momento in cui varca l’ingresso della Palestra dei Gladiatori è improvviso, toglie il fiato. Si percorre in apnea il portico che circonda lo spazio che ospitava la palestra, le cui colonne – illuminate dal basso – fanno da quinta ideale per la sagoma del Vesuvio, resa scura dal sole ormai già tramontato al di sotto della linea dell’orizzonte.
Gradini antichi, muri, polvere, ambienti: tutto conduce nel silenzio di un’emozionante attesa ai posti a sedere.
Ad inaugurare la rassegna è stata la rappresentazione de “Odissea Cancellata”, di Emilio Isgrò, una riscrittura spregiudicata, l’intrigante astrazione di parti del poema di Omero che restano, dopo che l’autore ha scelto di “cancellarne” altre.
Ne viene fuori un mosaico di storie raccontate dai protagonisti che presentano le loro vicende a modo loro, in un realismo nuovo, crudo, inconsueto ma inaspettatamente vero; frammenti tenuti insieme dalle parole di un improbabile Odisseo che unisce – nel suo racconto antico – parole e concetti di un futuro che non gli appartiene ma che – magicamente – dimostra di aver vissuto. Passato e futuro si incontrano nel presente: la forza di intramontabili testi classici in grado di essere smontati, rimontati, mescolati senza mai perdere la loro granitica identità, terreno fertile per chi voglia farne – rispettosamente – qualcosa di diverso.
Lo spettacolo si è svolto in un teatro capovolto, dove il palcoscenico diventa platea e la platea palcoscenico. Un’imponente istallazione scenica riproduce versi del poema omerico in greco antico sulle gradinate della cavea che diventano – per l’occasione – il palcoscenico dove gli attori portano in scena il protagonista circondato e stuzzicato da un gruppo di “nani” (brandelli di popolo, gente comune, ammaliati dai racconti dell’ingombrante protagonista), da una imponente Circe, una trasgressiva Nausicaa, una seducente ed autoritaria Penelope, un inconsueto Polifemo i quali, alla stregua di improvvise presenze ossessive cercano spazio all’interno della storia e pretendono di raccontarsi per quello che sono e non per come qualcuno – da millenni – ne tramanda oralmente il profilo e la vita.
Un’idea innovativa e ambiziosa, resa in maniera efficace da una magnetica installazione scenica che occupa l’intero spazio della cavea e polarizza l’attenzione di ciascuno dei tanti spettatori presenti.
Distante, poco al di sopra delle chiome dei pini che fanno da cornice al Teatro, svetta il campanile del vicino Santuario; in lontananza le luci dei paesi sulle pendici del Monte Faito competono con i riflettori di scena nel prendere spazio, come se il palcoscenico non fosse limitato ai confini del teatro ma prolungasse la propria estensione fin dove l’occhio raggiunge l’orizzonte.
Chi siede in platea rimane oggetto attivo dell’alternarsi di personaggi, luci, effetti, panorama e voci. Impossibile non lasciarsi andare e partecipare; impossibile non sentirsi parte dello spettacolo; impossibile non restare in attesa della battuta finale, del buio che la segue, del sincero e caloroso applauso a chi ha saputo far rivivere una storia conosciuta.
Quando la realtà ha superato le parole scritte su un opuscolo, è una realtà in cui è valsa la pena di essere immersi: immersi nella magia del Pompeii Theatrum Mundi.
Lo spettacolo va in replica ancora oggi venerdì 14 giugno e sabato 15 giugno alle ore 21: presso il Teatro Grande di Pompei.

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