Caporalato, Landini: “Tre milioni di persone costrette a lavorare in nero. È ora di dire basta!”
Di Fabrizio Battipaglia
“Le persone costrette a lavorare in nero in Italia sono 3 milioni. Stiamo discutendo di tutti i settori e di tutto il Paese, non solo dell’agricoltura. E’ ora di dire basta, è ora che i governi, le istituzioni ad ogni livello, tutti smettano di fare gli struzzi e di cancellare quelle leggi balorde che in questi anni hanno favorito questo sistema”. Lo ha detto il segretario della Cgil, Maurizio Landini, presente alla manifestazione contro il caporalato a Latina. “Il numero degli ispettori è bassissimo. Possono controllare un’azienda ogni 16 anni”, ha aggiunto, sottolineando che i numeri annunciati da Giorgia Meloni (1.600 ispettori in più) “sono tre anni che girano, non sono sufficienti perché in questi anni hanno continuato a tagliare. Uno dei problemi che abbiamo nel nostro Paese si chiama Bossi-Fini, è una legge assurda che va cancellata”, ha sottolineato il leader della Cgil. “E’ sotto gli occhi di tutti come si gestiscono i flussi: solo a una parte di quelli che vengono qui chiamati a lavorare viene dato il permesso di soggiorno. I dati parlano chiaro, solo al 20% viene dato il permesso di soggiorno. Vuol dire che la Bossi-Fini è una legge che crea clandestini. – ha aggiunto – Le persone vengono chiamate a lavorare, non gli viene dato il permesso e sono condannate allo sfruttamento e alla clandestinità, a condizioni di vita demenziali nelle baracche, perché mancano le case, mancano i servizi. Bisognerebbe fare una cosa molto semplice: la persona sfruttata, se denuncia il suo sfruttamento, deve avere il diritto di avere subito il permesso di soggiorno e il contratto nazionale”.
“Oggi siamo scesi in piazza per la morte di Satnam Singh e per noi l’impegno e l’azione contano più delle parole scritte”, ha detto Landini dal palco di piazza della Libertà a Latina. La presenza di tutta la Cgil qui oggi ha un obiettivo preciso: aprire una vera e propria vertenza permanente, in ogni luogo di territorio e di lavoro, per sconfiggere caporalato e sfruttamento. Su questi temi vogliamo risposte e produrre un cambiamento. È questo l’unico modo per ricordare Satnam e chiedere giustizia, affinchè nessuno possa più morire di caporalato. Siamo di fronte ad un sistema di fare impresa che sfrutta e uccide le persone, e non riguarda solo l’agricoltura e solo Latina. Queste persone devono essere contrattualizzate e regolarmente pagate: questo significherebbe non solo migliori condizioni di vita per loro, ma anche milioni per il fisco. È venuto il momento di agire e di alzare la testa: non solo i lavoratori, ma anche tutti coloro che hanno responsabilità politiche. Ciò che oggi favorisce il lavoro in nero si chiama legge Bossi-Fini. Solo il 20% di chi viene qui a lavorare ha il permesso di soggiorno: il restante 80% è clandestino. Questa legge va cancellata. Infine, i 200 milioni del governo Draghi che devono servire per dare un senso di accoglienza a queste persone rischiano di essere dirottati verso altre istanze”, ha aggiunto nel suo intervento conclusivo.
“Nella legge contro il caporalato va inserito l’indice di coerenza. Non può essere che un’azienda che produce tantissimo abbia solamente 3/4 lavoratori sotto contratto”, ha sottolineato il segretario generale della Cgil. “Inoltre, servono maggiore sicurezza e controlli. Abbiamo raccolto firme per cancellare leggi balorde fatte in questi anni: una persona per essere libera non deve essere clandestina, non deve calare la testa davanti a nessuno, non deve morire sul lavoro. Abbiamo raccolto firme per il referendum contro l’autonomia differenziata, insieme alla Uil”, ha aggiunto Landini nel suo intervento conclusivo, citando l’articolo 3 della costituzione: “Senza uguaglianza e diritto sociale non esiste democrazia, ma l’autoritarismo vissuto dai nostri padri e dalle nostre madri, che hanno vissuto cosa significa la cancellazione dei diritti. Noi non stiamo facendo una battaglia sindacale o di parte, bensì per l’affermazione e l’estensione della democrazia in tutto il Paese, per tutte e per tutti. Non ci fermeremo: la maggioranza di questo Paese deve tornare ad avere consapevolezza di essere tale, e che deve tornare a votare per difendere la nostra democrazia e la nostra libertà. (Ansa)