Oggi veniva beatificato San Pietro Chanel
San Pietro Chanel
16 novembre 1889, Roma, papa Leone XIII
12 giugno 1954, Roma, papa Leone XIII
Vi rimase tre anrt portando una certa trasformazione nella popolazione, persuadendoli delle sue buone intenzioni e della sua dedizione soprattutto grazie alla rispettosa cura degli ammalati.
Per un certo per odo aveva pensato di diventare missionario all’estero, ma la necessità di sacerdoti in patria era tale che il suo vescovo non poté lasciarlo andare. Nel 1831, a ogni modo, gli fu permesso di entrare nella Società di Maria, o dei macisti, una congregazione di sacerdoti che si dedicavano alla missione fondata a Lione e Belley. Le sue speranze di lavorare all’estero svanirono quando fu nominato insegnante nel seminario minore di Belley.
Rimase là cinque anni divenendone vicerettore. Accompagnò il fondatore della congregazione a Roma nel 1833 per provare a ottenere l’approvazione della regola, cosa che avvenne alla fine nel 1836, quando alla congregazione fu affidata la vasta arca dell’Oceania occidentale come terra di missione principale.
Infine a Pietro fu affidato un incarico missionario, consistente nella predicazione del Vangelo nelle isole dell’oceano Pacifico meridionale. Il compito definito in modo così vago dimostra che i suoi superiori non conoscevano affatto la zona.
Un gruppo di otto padri maristi partì da Le Havre nel dicembre del 1836 alla volta di Valparaiso, in Cile, e da lì proseguì per Tonga. Nel novembre del 1837 arrivarono per caso all’isola di Futuna, una delle Iles de Horn francesi, situata tra le Fiji e Samoa occidentale. Il superiore chiese a Pietro se gli sarebbe piaciuto rimanervi a lavorare, Pietro acconsentì e là rimase con un giovane fratello marista, Maria Nicezio Delorme, e un commerciante europeo che si offrì di rimanere con loro come interprete.
I missionari furono ricevuti bene, nonostante la popolazione fosse sospettosa nei confronti degli stranieri. Il superiore aveva però preso la malaugurata precauzione di descriverli al re locale come viaggiatori che volevano solo imparare lingua e usi del popolo, e ciò non li aiutò quando in seguito la gente venne a conoscenza delle loro reali intenzioni.
Pietro teneva un diario sul quale appuntava i suoi lenti progressi nell’apprendimento della lingua, gli strani costumi della popolazione, i suoi viaggi e le visite agli ammalati. Le pagine sono caratterizzate da una valutazione realistica delle difficoltà che i missionari incontravano e dalla volontà di non forzare i tempi, sebbene ne traspaia anche la frustrazione: «Quanto è doloroso il destino di un povero missionario che non può ancora predicare le verità della salvezza!». Pietro, certamente, considerava coloro che morivano senza avere ricevuto il battesimo come destinati all’inferno e la religione locale come un’opera del demonio, ma dal diario emergono anche la determinazione e la totale fiducia nella Provvidenza divina. Pietro e fratello Maria Nicezio cominciarono gradualmente a predicare il Vangelo e nel 1840 già stavano facendo qualche piccolo progresso, battezzando alcuni bambini morenti e degli anziani.
Ma il re, che era stato il loro principale protettore, cominciò a opporsi. Il suo cambiamento fu causato da una serie di fattori, tra i quali la notizia che il cristianesimo stava progredendo nell’isola di Wallis e il timore del re e dei suoi consiglieri di perdere il potere. Indubbiamente essi avevano buone ragioni per temere l’influenza europea: un gruppo di commercianti che vivevano sull’isola maltrattavano le donne di Futuna, interferivano nella politica dell’isola, imbrogliavano e rubavano nel commercio ogniqualvolta possibile. Cannoniere. francesi e inglesi pattugliavano già il Pacifico e proteggevano taci commercianti, assieme ad altri coloni, a spese degli indigeni delle isole. Ebbe così inizio una serie di molestie, dirette principalmente contro l’esiguo numero di catecumeni cui Pietro insegnava, e, quando il figlio del re chiese di essere battezzato, la sua famiglia si sentì oltraggiata e il re ordinò che i missionari fossero uccisi.
Pietro era consapevole di queste intenzioni e disse a qualcuno che gliene parlò: «Non importa se sarò ucciso o meno; la religione si è radicata sull’isok e non sarà distrutta dalla mia morte, poiché non viene dagli uomini ma da Dio». Il 28 aprile 1841 una banda attaccò alcuni catecumeni e poi si mosse alla ricerca di Pietro; questi fu bastonato e quindi ucciso con un’accetta. Un racconto del martirio riporta le sue ultime parole: «Sono felice di morire».
Nel giro di un anno quasi tutta la popolazione di Futuna accettò il cristianesimo e fu battezzata. Questa conversione si può attribuire all’opera di Pietro e alla morte del re ma, secondo un moderno biografo, va aggiunta anche una causa concomitante: il timore degli isolani di una rappresaglia, soprattutto dopo che una fregata francese comparse al largo dell’isola all’inizio del 1842 per investigare are sulla morte del sacerdote e raccogliere i suoi resti, e l’intenzione di proteggersi. Pietro fu canonizzato nel 1954 e la sua commemorazione, inizialmente celebrata solo locale, fu estesa alla Chiesa universale . È venerato come primo martire dell’Oceania e dei maristi e le sue spoglie sono state riportate a Futuna nel 1977.
MARTIROLOGIO ROMANO. San Pietro Chanel, sacerdote della Società di Maria e martire, che nel suo ministero si adoperò nella cura della gente di campagna e nell’istruzione dei bambini; mandato poi insieme ad alcuni compagni ad annunciare il Vangelo nell’Oceania occidentale, approdò all’isola di Futúna, dove la comunità cristiana era ancora del tutto assente. Pur ostacolato da molte difficoltà, mantenendo un contegno di singolare mansuetudine riuscì a convertire alcuni alla fede, tra i quali il figlio del re, che furibondo ne ordinò l’uccisione, facendo di lui il primo martire dell’Oceania.