L’orgoglio di Virginia Raggi: “Io unica del M5S a tenere testa”

Il sipario è calato ma Raggi, la combattente, alle 10 di sera ha spazio per l’ultimo discorso da sindaca ma con un piglio che promette un futuro politico nazionale davanti. Non darà indicazioni di voto, ringrazia Di Maio e Conte, che invece il suggerimento lo indica in un “mai con le destre”, e avvisa il prossimo sindaco: “mantenga le promesse, noi vigileremo”. Nel suo commiato Raggi rivendica quello che ha fatto (“ho gettato le basi per far risorgere Roma”), ricorda le periferie, che benedirono la sua elezione nel 2016 e dove ora, seppur con la flessione sembra tenere grazie al voto disgiunto, di cui è stata la maggiore beneficiaria. Raggi, che Grillo aveva ritratto come una divinità guerriera sapendo dell’impresa, è piaciuta ai romani più di M5S. Del resto lo stesso Grillo l’aveva ritratta come una divinità guerriera. Qualche speranza l’aveva nutrita per un possibile ballottaggio c’è stato nel pomeriggio quando, poco dopo la chiusura delle urne, è arrivata la prima proiezione Swg per La7 che dava un testa a testa tra lei e il candidato di centrosinistra Roberto Gualtieri, alle spalle di Enrico Michetti. Uno scenario salutato da Andrea Severini, marito della sindaca, con un foducioso post su Facebook: “Forza!”. Poi con i dati successivi questa possibilità è pian piano svanita. Prima sindaca donna della Capitale Virginia Raggi è stata eletta a giugno nel 2016 ottenendo al ballottaggio il 67,15% delle preferenze, più del doppio dei voti dello sfidante Roberto Giachetti, oggi Raggi, a spoglio ancora in corso, è al 20,52%. Un mandato travagliato per il primo sindaco M5S della Capitale tra turbolenze in giunta, emergenza rifiuti e inchieste giudiziarie. E’ stata indagata per le nomine di Renato Marra e Salvatore Romeo concluse con un’archiviazione per l’accusa di abuso di ufficio e una doppia assoluzione per quella di falso ideologico in atto pubblico. Il suo mandato è stato caratterizzato anche addii e avvicendamenti nella squadra con ben 15 assessori sostituiti in 5 anni. L’ultimo, a gennaio, è stato il vicesindaco e assessore alla Cultura, Luca Bergamo. Mobilità sostenibile e il risanamento dei conti i cavalli di battaglia della sua consiliatura, con idee mai realizzate come la famosa funivia Battistini-Casalotti, che non è stata risparmiata in questi anni da critiche su vari fronti come la gestione dei rifiuti e la presenza dei cinghiali in città, ma anche per la decisione nei mesi immediatamente successivi alla sua elezione di ritirare la candidatura di Roma a futura sede per le Olimpiadi 2024. Poi ad agosto dello scorso anno l’annuncio che si sarebbe ricandidata a sindaco della Capitale, sancendo di fatto la fine di uno dei pilastri del Movimento: la regola del doppio mandato. Una scelta appoggiata da una parte del M5S, ma che è stata osteggiata da diversi esponenti dello stesso partito. Tra questi, la capogruppo alla Pisana, Roberta Lombardi, pioniera dell’alleanza con il Pd in Regione che, suo eterna nemica politica, bocciò la ricandidatura. Ora Lombardi è in giunta con Zingaretti. Raggi, la combattente, sarà comunque premiata: “non sparirai”, le ha promesso Grillo. Per ora siede nel Comitato dei Garanti.

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