Basilica di San Giovanni in Laterano
Basilica di San Giovanni in Laterano
La famiglia romana dei Laterani abitava, nei tempi del primo Impero, in una grande e ricca dimora situata presso l’attuale via Amba Aradam, dove oggi si trova la sede dell’I.N.P.S. Tacito, negli «Annales», riferisce che un membro di quella famiglia, Plauzio Laterano, ordì una congiura contro Nerone, ma, scoperto, fu ucciso. La zona dove si trovavano le case dei Laterani prese il nome di Laterano, appellativo dato ancora oggi alla basilica di S. Giovanni. I pareri degli storici sulle origini di questa chiesa paleocristiana e su antichi reperti trovati in occasione di vari scavi archeologici, sono discordi. Alcuni affermano che nel IV secolo esisteva, al posto dell’attuale basilica, una «domus edesia», luogo di preghiera in cui si riunivano i cristiani, ricavata nella casa di Fausta, moglie di Costantino. Qui fu poi eretta la basilica di S. Giovanni, dallo stesso imperatore Costantino, in un anno imprecisato tra il 310 e il 315. Un’altra sostiene invece che la domus edesia era stata costruita sulle rovine della casa dei Laterani: quindi qualche centinaio di metri più lontano dal luogo dove sorge l’attuale basilica, sotto la quale sarebbero stati invece rinvenuti i resti di un edificio di età severiana (193-211). Questo edificio divenne, in epoca più tarda, la caserma della guardia privata dell’imperatore. Costantino lo demolì e costruì la basilica paleocristiana, la quale fu dedicata al Salvatore; fu poi intitolata anche a S. Giovanni Battista ed Evangelista durante il pontificato di Gregorio I (590-604).
Tra le due ipotesi sulle origini di S. Giovanni in Laterano brevemente riferite, la più veritiera è probabilmente la seconda, anche se i dubbi tra gli storici rimangono tutt’ora.
Intorno alla fondazione della basilica fiorirono, durante il Medioevo, numerose leggende. Tra esse la più nota è quella della lebbra di Costantino. All’imperatore affetto dalla terribile malattia, una notte apparvero in sogno S. Pietro e S. Paolo, i quali gli dissero che sarebbe guarito solo se avesse ricevuto il battesimo. Costantino mandò allora a cercare papa Silvestro I, che per timore delle persecuzioni si era dato alla macchia sul monte Soratte; il pontefice tornò e battezzò l’imperatore. Questi guarì dalla lebbra e, in segno di riconoscenza, costruì la basilica di S. Giovanni.
L’antica costruzione era molto simile, in pianta, all’attuale e le mura perimetrali antiche coincidono più o meno con quelle dell’odierna basilica. Le cinque navate erano divise da splendide colonne marmoree con capitello corinzio; il transetto era limitato alle tre navate centrali, mentre le due navate estreme erano più corte delle altre e terminava in due aule quadrate, sporgenti di qualche metro oltre le mura laterali.
Numerosi furono i disastri subiti dalla basilica nel corso dei secoli e altrettanto numerosi gli interventi di restauro e le trasformazioni. Nell’anno 455 i Vandali capeggiati da Genserico la devastarono e rubarono il prezioso tesoro che vi era conservato. Papa Leone I il Grande (440-461) la restaurò. Qualche secolo dopo, nel 896, un terremoto danneggiò notevolmente la basilica; Sergio III (904-911) fece allora eseguire importanti lavori di consolidamento. Altri interventi di abbellimento e di restauro si ebbero nel secolo XII da parte di Alessandro III (1159-1181), che fece costruire l’antica facciata orientale, oggi scomparsa, e da parte di Clemente MI (1187-1191), che la fece adornare di mosaici, oggi perduti. Niccolò IV (1288-1292) la ornò di fastose decorazioni, tra cui il grande mosaico absidale, eseguito da Jacopo Torriti e Jacopo da Camerino. Nel 1308 la basilica fu semidistrutta da un incendio e subito ricostruita da Clemente V (1305-1314). Nel 1361 un altro incendio la danneggiò notevolmente ed i lavori di restauro furono eseguiti durante il pontificato di Urbano V (1362-1370) e Gregorio IX (1370-1378).
Per circa 1000 anni, dalla fondazione fino all’inizio del XIV secolo, la basilica di S. Giovanni in Laterano e gli edifici che erano sorti attorno ad essa, furono la sede del papato. Dal 1304 al 1378 i papi trasferirono la loro residenza in Francia, ad Avignone, e il Laterano rimase in uno stato di semi abbandono. Quando il papato ritornò a Roma, e quando finirono anche i terribili anni dello scisma, i pontefici, alla sede lateranense, preferirono il Vaticano. Fu Sisto V (1585-1590) che, vedendo lo spaventoso stato di abbandono in cui si trovava l’antica dimora dei papi, decise di intervenire con radicali restauri. Egli fece costruire dal suo architetto di fiducia, Domenico Fontana, il nuovo palazzo lateranense che, secondo le intenzioni, doveva diventare la sede estiva del pontefice (non bisogna pensare a Roma come è oggi: a quei tempi, infatti, il Laterano, pur essendo all’interno delle mura, si trovava in aperta campagna). In seguito, però, il Colle del Quirinale sembrò la zona più adatta (forse perchè in posizione più strategica) per costruire un sontuoso palazzo da adibire a residenza estiva del papa. E cosí fu. Il Laterano perse il suo antico splendore e la basilica di S. Giovanni rimase in un penoso stato di incuria fino alla metà del XVII secolo.
IL RESTAURO DEI BORROMINI
Quando il cardinale Giovanni Battista Pamphilj, divenne papa con il nome di Innocenzo X, mancavano sei anni al Giubileo del 1650. L’occasione era propizia per iniziare finalmente il restauro della basilica di S. Giovanni in Laterano, la quale era così malandata che rischiava di crollare da un momento all’altro. L’incarico fu affidato a uno dei più famosi architetti del barocco romano: Francesco Borromini. I lavori iniziarono nel 1646 e furono portati avanti molto celermente per poter inaugurare la basilica in occasione dell’Anno Santo; infatti nel 1649 l’opera era terminata. Borromini si trovò a dover fronteggiare non pochi problemi; come sempre egli riuscì a risolverli con soluzioni brillanti e, il più delle volte, in maniera estrosa ma geniale. Il compito si rese più complicato perchè il papa pretendeva che fosse lasciato inalterato il più possibile l’antico impianto basilicale paleocristiano. Ma questa sua volontà non potè essere del tutto rispettata a causa delle pessime condizioni in cui si trovava l’edificio. Quasi tutte le antiche colonne della navata centrale erano state rivestite, nei secoli precedenti, da un involucro di mattoni di cotto, per rinforzare le strutture indebolite da incendi e terremoti. Il Borromini presentò a Innocenzo X tre progetti di restauro, ognuno dei quali prevedeva, con diverse soluzioni, il rifacimento totale della navata mediana. Fu scelto indubbiamente il più elegante. Sulle pareti della navata furono aperte cinque grandi arcate, intervallate da coppie di pilastri giganti con capitello corinzio; tra i pilastri furono costruite 12 edicole dove, qualche anno più tardi, vennero collocate le statue degli Apoostoli. Sopra l’arcata centrale fu posto lo stemma dei Pamphilj. Nella parte alta della navata, su entrambi i lati, i finestroni rettangolari sopra le arcate si alternano ai dipinti, inseriti in una cornice ovale, posti sopra ogni edicola. Il soffitto ligneo costruito nel XVI secolo da Pio IV (1559-1565) fu conservato, malgrado fosse intenzione dell’architetto costruire una volta a botte e forse anche una grande cupola.
Le navate laterali erano cosí mal ridotte che furono abbattute e rifatte completamente.
La decorazione interna fu realizzata molto in fretta, tuttavia è considerata una delle opere più belle del Borromini. Ne parleremo più approfonditamente nel paragrafo dedicato alla descrizione dell’interno.
LA FACCIATA
Papa Clemente XII Coniai (1730-1740) bandi, nel 1732, un concorso per la costruzione della nuova facciata della basilica lateranense. Parteciparono i migliori artisti dell’epoca: Giegorini, Passalacqua, Vanvitelli, Galilei, Rusconi, Sassi, Raguzzini, Salvi, etc. Vinse il fiorentino Alessandro Galilei, che in quello stesso anno iniziò i lavori. La sua opera, abbandonati i canoni dell’architettura barocca e rococò, si riallaccia ad uno stile tardo rinascimentale assai monumentale e poco aggraziato. «Il Galilei — afferma Argan — ripete fuori scala e con monotona uniformità di piano lo schema delle facciate romane del tardo Cinquecento».
L’imponente facciata, preceduta da una breve scalinata, è a un solo ordine di lesene e semicolonne, diviso in tre corpi, di cui quella centrale aggettante, e in cinque campane. Le alte lesene e le due coppie di colonne, che sostengono un timpano triangolare, poggiando su un alto stilobate e sono ornate da capitelli corinzi. Al portico architravato a cinque aperture del piano terra, corrisponde, al livello superiore, una loggia a cinque arcate, di cui quelle centrale è una grande serliana. L’attico di coronamento, con una balaustra che si estende per tutta la lunghezza della facciata, è ornata da quindici statue colossali alte circa sette metri.
L’INTERNO
La basilica, lunga 130 metri, è a cinque navate con ampio transetto e vasta abside completamente rifatta durante il pontificato di Leone XIII (1878-1903). L’architettura e la decorazione dell’interno, come s’è già detto nel paragrafo precedente, risalgono all’intervento del Borromini. Lo sfarzoso soffitto ligneo dorato è quello originale del secolo XVI, progettato probabilmente da Pirro Ligorio e costruito tra il 1562 e il 1567. È ornato al centro con lo stemma di Pio IV Medici, durante il cui pontificato fu realizzata l’opera; più vicino alla parete d’ingresso vi è anche lo stemma di Pio VI Braschi (1775-1800), il quale fece restaurare il soffitto alla fine del secolo XVII. Il pavimento, di tipo cosmatesco, risale ai tempi di Mariano V (1417-1431) e fu restaurato dal Borromini.
Nella navata centrale, entro nicchie addossate agli alti pilastri scanalati, sono collocate le statue degli Apostoli. Furono eseguite, nei primi anni del ‘700, da un gruppo di scultori famosi: tra questi ricordiamo Camillo Rusconi, Pierre Legros, Pierre Monnot, Lorenzo Ottoni. Da notare, sopra le nicchie, gli altorilievi in stucco raffiguranti «Fatti del Vecchio e del Nuovo Testamento», opera seicentesca di Alessandro Algardi e dei suoi collaboratori Antonio Raggi e Gian Antonio De Rossi. Più in alto, entro cornici ovali di stucco in forma di ghirlande, vi sono dipinte le figure dei Profeti, eseguite, tra la fine del ‘600 e i prini del ‘700, da vari pittori tra i quali ricordiamo: Marco Benefial, Giovani Odazzi, Sebastiano Conca, Luigi Garzi, etc.
Nelle navate laterali esterne, sulle quali torneremo più avanti, si aprono alcune cappelle: elenchiamole in breve. La cappella Torlonia (seconda a destra), a croce greca con cupola, costruita nel secolo scorso. La cappella Massimo (terza a destra) eretta da Giacomo Della Porta nel 1590; sull’altare vi è un dipinto del Sermoneta raffigurante una «Crocifissione» (1575). La prima cappella a sinistra, della famiglia Corsini, fu costruita tra il 1732 e il 1735 da Alessandro Galilei; a sinistra tomba di Clemente XII, realizzata da Giovan Battista Maini. La terza cappella a sinistra è opera di Onorio Lunghi (primi anni del ‘600). La quarta a sinistra fu costruita nel 1675 da Giovanni Antonio De Rossi.
Il transetto fu completamente rifatto durante il pontificato di Clemente VIII (1592-1605) su progetto di Giacomo Della Porta. Fu anche ornato di importanti affreschi, opera di alcuni fra i più famosi pittori manieristi della fine del ‘500, diretti da Cavalier d’Arpino. Da notare: «L’Ascensione», dello stesso Cavalier d’Arpino; gli Apostoli Taddeo, Tommaso, Filippo, Bartolomeo, Simone e S. Paolo, dipinti rispettivamente da Orazio Gentileschi, Cesare Nebbia, Giovanni Baglione, Paris Nogari, il Pomarancio e ancora Cesare Nebbia; i «Fatti riguardanti la basilica» (una serie di leggende sulla sua fondazione), di Nogari, Ricci e Baglione.
Nella testata del braccio destro del transetto, in alto, è collocato l’elegante organo del 1598, ora in corsi di restauro. Di fronte, nel braccio sinistro, da notare il ricco altare del Sacramento, realizzato nel 1600 su disegno di Pier Paolo Olivieri. Sempre nel braccio sinistro del transetto si apre la cappella Colonna, costruita nel 1625 da Girolamo Rainaldi, con bellissimi stalli lignei decorati con statue di santi. A desra della cappella, sotto al novecentesco monumento di Leone XIII, c’è l’ingresso alla sacrestia; questa è preceduta da un lungo corridoio, dove si intravedono, nella penombra, le tombe del pittore Andrea Sacchi e del Cavalier d’Arpino. In sacrestia da notare una «Annunciazione» dipinta nel 1555 da Marcello Venusti su disegno di Michelangelo e, sull’altare, una «Maddalena» di fine ‘500, attribuita da alcuni a Scipione Pulzone e da altri a Jacopino del Conte.
Al centro del transetto si trova il bellissimo baldacchino in stile gotico realizzato durante il pontificato di Urbano V, il francese Guglielmo de Grimoard, con l’aiuto finanziario di Carlo V re di Francia. Autore dell’opera fu Giovanni di Stefano, mentre Barna da Siena dipinse nel 1367-68 i dodici riquadri che furono poi restaurati e ritoccati circa cent’anni dopo da Antoniazzo Romano e da Fiorenzo di Lorenzo. In alto, chiusi da una griglia metallica, si trovano due reliquiari dell’800 (sostituiscono quelli originali del XIV secolo) che contengono le reliquie delle teste di S. Pietro e di S. Paolo. Sotto il baldacchino c’è l’altare papale, sul quale solo il pontefice può celebrare la messa; è un’opera moderna che racchiude l’antico altare ligneo usato, così si dice, dai primi 33 papi, da S. Pietro e S. Silvestro (I-IV secolo). Nella confessione, sotto l’altare, da notare il sepolcro di Martino V Colonna, papa dal 1417 al 1431, realizzato nel 1443 da Simone Ghini.
Il presbiterio e l’abside furono completamente rifatti nel 1884 da Leone XIII; gli architetti incaricati di eseguire i lavori, Virgilio e Francesco Vespignani, per realizzare il nuovo progetto, distrussero insensatamente l’abside dei tempi di Niccolò IV (1288-1292). Anche il mosaico originale di Jacopo Torritti e Jacopo da Camerino, dello stesso periodo, fu distrutto; quello che oggi vediamo è una copia rifatta nel secolo scorso.
LA DECORAZIONE
Un discorso a parte va fatto sulla decorazione interna della basilica, realizzata dal Borromini in gran fretta e in maniera abbastanza singolare. È impossibile, in questa sede, soffermarsi a descrivere tutti i particolari architettonici e scultorei del grande artista, presenti all’interno di S. Giovanni in Laterano. Il visitatore probabilmente non coglierà immediatamente la bellezza di questi particolari e sarà necessaria una visita molto attenta e uno studio abbastanza approfondito su testi specializzati.
«Le palme e le corone d’alloro che circondano i nomi degli Apostoli, scolpiti con nervosa tensione» (…),
Ma la realizzazione più straordinaria del Borromini fu la ricostruzione delle tombe dei papi e dei cardinali che si trovano nell’antica basilica. Quando l’architetto iniziò i lavori di restauro, le tombe furono smontate e trasportate nel chiostro. Innoncenzo X aveva ordinato che, una volta terminati lavori, le tombe, o per lo meno parte di esse, si sarebbero dovute ricostruire all’interno del rinnovato edificio. Il Borromini non era molto contento di questa idea del papa perchè, secondo lui, i vecchi sepolcri medioevali non si sarebbero bene inseriti nella nuova basilica. Distruggere non si potevano, anche se Borromini (forse) l’avrebbe fatto volentieri; non dimentichiamoci che egli avrebbe voluto sostituire il soffitto ligneo cinquecentesco della navata centrale con una volta a botte ed era anche sua intenzione distruggere il ciborio gotico per costruirne un altro progettato da lui. Dunque bisognava trovare una soluzione; e la soluzione non tardò a venire, poichè il Borromini risolse il problema come al solito in maniera geniale. Innanzitutto nel 1655 Innocenzo X morì e fu eletto papa, con il nome di Alessandro VII, il cardinale Fabio Chigi. Senza le lamentele di papa Pamphilj, di sicuro il grande architetto potè agire più liberamente.
Egli conservò, di ogni tomba, una frammento, forse quello che gli piaceva di più, e lo inserì in una nuova tomba da lui stesso progettata. C’era poi un altro problema da risolvere: nelle pareti delle navate laterali esterne vi erano dei finestroni ovali ai quali non si potevano addossare i monumenti sepolcrali. Borromini ebbe un’idea: incorporò le finestre delle nuove tombe in modo da farle sembrare veri e propri elementi del progetto. Da notare, ad esempio, nell’estrema navata destra, i monumenti funebri del cardinale de Chaves e del cardinale Giussano. Nel primo gli unici elementi dell’antica tomba sono la figura distesa sul sepolcro e altre sculture attribuite a Isaia da Pisa; il resto è opera del Borromini. Il secondo monumento è ancora più singolare: infatti solo la lapide marmorea con l’iscrizione appartiene all’antico sepolcro del cardinale Giussano. Le tavolette gotiche in forma di bifora provengono invece da un altare che si trovava nella cappella dedicata a S. Maria Maddalena. Intorno a questi elementi Borromini realizzò una strana composizione in falsa prospettiva formata da «un architrave a cuspide, i cui elementi laterali salgono, così che le curve di tutte e tre le sezioni giocano con l’ovale della finestra» (Blunt). L’architrave è sorretto da quattro «ernie incappucciate» di cui le centrali, proprio per accentuare la falsa prospettiva, sono più piccole.
Le tombe dei papi Bonifacio VIII, Sergio IV e Alessandro III furono realizzate interamente dal Borromini. Anche in questi sepolcri vi è qualche elemento di epoca medioevale. Nel monumento di Bonifacio VIII è incorporato il frammento di un affresco attribuito a Giotto, che rappresenta il papa che indice il primo Anno Santo della storia (1300). Nel sepolcro di Sergio IV da notare, al centro, un bassorilievo del papa benedicente, inserito in una cornice (opera di Borromini) formata dalle stelle dello stemma di Alessandro VII Chigi.
Siamo ben lontani dall’aver esaurito la descrizione di tutti gli «arredi» architettonici e decorativi che il grande artista barocco compose all’interno della basilica lateranense. Si invita il lettore che voglia saperne di più, come già detto, a esaminare con cura tutti i particolari che in questa sede sono stati tralasciati. Particolari che, fino a non molti anni fa, fecero inorridire critici e storici (Pastor era disgustato), ma che oggi ci riempiono di stupore e di ammirazione e, a maggior ragione, ci fanno considerare Francesco Borromini uno dei più grandi geni creativi di tutti i tempi.
IL CHIOSTRO
Da una porta in fondo alla navata sinistra, si accede al chiostro; stranamente l’ingresso è a pagamento (1000 lire a persona). Si tratta di una bellissima costruzione a pianta quadrata con aiuole centrali, realizzata tra il 1225 e il 1236 da Vassalletto, come afferma l’iscrizione nel portico di fronte all’ingresso: «Vasselletto, istruito nella nobiltà di quest’arte, iniziò con il padre l’opera che portò a termine da solo» (Barroero). Il portico è formato sui quattro lati da arcatelle sostenute da colonnine binate diverse per forma, alcune ornate da tessere di mosaico, tutte con capitello differente. Da notare la trabeazione decorata con un elegante fregio a mosaico e la gronda intagliata ornata da teste di animali. AI centro del cortile, da dove si può ammirare l’imponente facciata in cotto del braccio sinistro del transetto, si trova una vera da pozzo del IX secolo. Gli ambulacri hanno le volte impostate su colonne con capitello ionico, realizzate in epoca posteriore.
Nei quattro porticati sono conservati numerosi framment provenienti dall’antica basilica. I più belli sono: i resti della cattedra episcopale di Niccolò IV (1288-1292), che un tempo si trovava nell’abside; la tomba del cardinale Annibaldi (sec. XIII), attribuita ad Arnolfo di Cambio; una testa muliebre in pietra del secolo V, da alcuni creduta il ritratto di S. Elena.
IL BATTISTERO
Si può uscire dalla basilica di S. Giovanni attraverso l’ingresso posto nella testata del braccio destro del transetto. La facciata esterna è opera di Donenico Fontana (1568) ed è su due ordini di cinque arcate; l’ordine superiore è detto «Loggia delle benedizioni» e fu affrescato da un gruppo di pittori manieristi diretti da Cesare Nebbia e Giovarmi Guerra. I due campanili gemelli risalgono al periodo romanico e furono restaurati nel 1360.
Costeggiando, a sinistra, un edificio ottocentesco costruito da Leone XIII, si giunge al battistero, un tempo denominato S. Giovanni in Fonte. Fu fondato da Costantino nel IV secolo, probabilmente trasformando la struttura di un ninfeo della casa dei Laterani. Oppure, se si dà credito ad altre ipotesi, sorse sulle rovine di un edificio risalente ai tempi di Adriano (II sec.) e poi restaurato dai Severi (BI sec.). Sisto III (432-440) Io rifece completamente e vi aggiunse un atrio. Ilario (461-468) costruì tre cappelle: due, quasi completamente trasformate, esistono ancora, la terza fu demolita dal Fontana durante i lavori di sistemazione di Piazza S. Giovanni in Laterano. Paolo III (1534-1549) fece demolire la cupola, assai rovinata, e vi fece costruire l’attuale tiburio coperto da tetti spioventi. L’ultimo restauro fu effettuato dal Borromini durante il pontificato di Alessandro VII (1655-1667).
L’interno è a pianta ottagonale; al centro otto colonne di porfido poste in circolo, con capitelli ionici, corinzi e compositi, sorreggono un architrave su cui poggiano altre colonne marmoree piú piccole. Al centro del battistero si trova una vasca in basalto verde, coperta da un fastigio di bronzo del XVII secolo; era usata per il battesimo ad immersione. I dipinti che ornano il tamburo sono copie, eseguite nel 1960, che riproducono le tele originali seicentesche di Andrea Sacchi: raffigurano i Fatti del Battista». Gli affreschi alle pareti, che rappresentano le «Storie di Costantino», furono eseguite nel secolo XVII da Andrea Camassei, Giacinto Cimignani e Carlo Maratta.
Le cappelle laterali sono quattro. Cominciando il giro da destra abbiamo: la cappella del Battista, fondata nel V secolo da papa Ilario. La cappella delle SS. Rufina e Seconda (dedicata anche ai SS. Cipria no e Giustino), che era l’antico nartece di Sisto III; da notare, a sinistra, un mosaico del V secolo e, sopra la porta, una «Crocifissione», altorilievo della scuola del Bregno (1492). Nella cappella di S. Venanzio, costruita nel VII secolo risalgono da Giovanni IV (640-642) da notare il bellissimo soffitto ligneo cinquecentesco, anche i mosaici della parete dietro l’altare. Infine la cappella dedicata a S. Giovanni Evangelista è decorata, nella volta, con mosaici raffiguranti uccelli e fiori; i battenti bronzei della porta, opera di Umberto e Pietro da Piacenza, sono originali del 1196.
ORARI
Orario Chiostro: 9-18 (Costo € 2)
Orario Museo della Basilica 10-17.30 (Tel. 06 69886409)
Orario Messe
– Feriale: ore 7.00; 7.20; 8.00; 9.00; 10.00; 11.00; 12.00; 17.00; 18.00 (luglio e agosto )
– Festivo: ore 7.00; 8.00; 9.00; 10.00; 11.00; 12.00; 18.00
La domenica, durante le funzioni, si possono visitare solo le cappelle laterali.
Ingresso gratuito con la card Omnia Vatican & Rome (alla Basilica ed al chiostro)
TRASPORTI: Metro: linea A, fermata San Giovanni | Autobus: linee 16, 81, 85, 87, 117, 186, 218, 571, 650, 665, 792 | Tram: 3