47 anni fa il rapimento di Aldo Moro

Era il 16 marzo 1978 quando in via Mario Fani, nel quartiere Trionfale a Roma, Aldo Moro fu rapito dalle Brigate Rosse. Nell’agguato di 47 anni fa furono uccisi a colpi di mitra tutti i componenti della scorta di Moro. I terroristi erano travestiti da avieri Alitalia, indossavano lunghi impermeabili azzurri. Azzurri erano anche i berretti con visiera. Furono uccisi l’appuntato dei carabinieri Domenico Ricci (43 anni), autista di Moro, il responsabile della sicurezza, maresciallo dei carabinieri Oreste Leonardi (51 anni), gli agenti di scorta, la guardia di P.S. Giulio Rivera (23 anni) e il vicebrigadiere di Pubblica sicurezza Francesco Zizzi (29 anni) gravemente ferito ma ancora in vita. Rimase cosciente prima di morire durante il trasporto al Policlinico Gemelli. Sull’asfalto, vicino all’auto, il corpo della guardia di P.S. Raffaele Iozzino, 24 anni. Il sequestro durò 55 giorni e si concluse con il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro nel bagagliaio di una Renault 4 rossa in via Michelangelo Caetani, a pochi metri da piazza Argentina, in pieno centro.

Alle nove la strage di via Fani

Erano circa le nove quando in via Mario Fani la Fiat 130 con a bordo l’esponente democristiano Aldo Moro e quella della scorta furono bloccate all’incrocio con via Stresa da un’auto Fiat 128 familiare con una targa del corpo diplomatico. Subito i brigatisti aprirono il fuoco contro le due vetture ferme, uccidendo in pochi secondi i cinque uomini della scorta e sequestrando Moro. Nei suoi 55 giorni di prigionia, Aldo Moro scrisse 86 lettere inviate afli esponenti del suo partito, la Dc, alla famiglia, ai principali quotidiani e all’allora Papa Paolo VI, amico personale dello statista. Ora, in occasione del 47° anniversario del rapimento e dell’uccisione degli agenti della sua scorta, molti ricordano il sacrificio di questi servitori dello Stato. Una delegazione Pd – composta da Paolo Ciani, Andrea Casu, Roberto Morassut, Filippo Sensi, Susanna Camusso e Camilla Laureti – si è recata in via Fani.

 

La Russa, un attacco diretto ai valori democratici

«Fu un attacco diretto delle Brigate Rosse allo Stato e ai valori democratici. Una ferita profonda che scosse l’Italia ma dalla quale sapemmo reagire con forza e unità a difesa dei valori democratici. Rinnovare oggi il ricordo di quell’attentato significa onorare la memoria di uomini coraggiosi ma anche riaffermare il valore della libertà che sconfisse terrorismo e paura», scrive sui social il presidente del Senato Ignazio La Russa.

Fontana, ferita ancora aperta in storia nostro Paese

«Il ricordo del rapimento di Aldo Moro e dell’omicidio di cinque agenti della sua scorta è una ferita ancora aperta nella storia del nostro Paese. Coltivare la memoria di quel tragico giorno significa rendere omaggio alle loro vite, al loro coraggio e al loro impegno e riaffermare i valori della democrazia»., scrive su Instagram il presidente della Camera dei deputati Lorenzo Fontana.

Piantedosi: memoria ci sprona a rafforzare nostro impegno

«Quell’attacco criminale non fu solo un colpo allo Stato, ma un’offensiva contro i valori più profondi della democrazia e della convivenza civile. La memoria di questi fatti è un monito e un’eredità preziosa che ci sprona, oggi più che mai, a rafforzare il nostro impegno nella difesa di quei valori e per la protezione della sicurezza di tutti i cittadini», scrive su X il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.

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