Oggi veniva canonizzato : San Giuseppe Benedetto Cottolengo
San Giuseppe Benedetto Cottolengo
della fiducia nella Provvidenza
29 aprile 1917, Roma, papa Benedetto XV
19 marzo 1934, Roma, papa Pio XI
Inizialmente desiderava lavorare in una parrocchia rurale e dedicarsi al semplice ministero pastorale tra il popolo, ma i suoi confratelli gli consigliarono di proseguire gli studi e così si iscrisse per il dottorato di teologia all’università di Torino. Si laureò due anni dopo e tornò al paese natale ove lavorò per due anni prima di essere nominato canonico, nel 1818, presso la basilica del Corpus Domini di Torino.
Trascorrerà il resto della sua vita in città e là troverà anche la sua vera vocazione. Compi coscienziosamente i vari incarichi del suo ministero per circa nove anni, in special modo la predicazione e le confessioni, guadagnandosi il soprannome di «canonico buono» poiché cercava sempre di aiutare i poveri.
Era affascinato dalla vita di S. Vincenzo de’ Paoli (27 set.) e cominciò a pensare che avrebbe dovuto dedicare tutte le proprie energie ai malati e ai poveri, finché capitò una cosa che lo convinse che era proprio questa la sua vera vocazione. Nel 1827 una famiglia francese passò per Torino sulla via del ritorno verso casa; non avevano soldi e la madre molto malata non poteva ricevere assistenza medica poiché gli ospedali normali non l’avrebbero accettata perché incinta, mentre il reparto maternità l’aveva rifiutata perché affetta da tubercolosi. Fu portata in una stanza destinata dalle autorità civili ai senzatetto ammalati e il canonico Cottolengo la assistette fino a quando ella morì, cercando di dare conforto a lei, al marito e ai figli. Al ritorno nella basilica decise di aprire una casa per i poveri rifiutati da tutti; disse che l’ispirazione gli era venuta dalla Vergine mentre recitava le litanie davanti all’altare della Madonna delle Grazie. Per cominciare prese in affitto due stanze in una casa antistante la basilica: non aveva un piano generale ambizioso, ma lasciò lo sviluppo dell’opera alla divina Provvidenza.
Si riteneva solo l’operaio: «La Provvidenza può fare ogni cosa e deciderà cosa deve accadere». Furono affittate altre stanze e una giovane vedova, Maria Nasi Pullini, radunò un gruppo di ragazze per aiutare nel lavoro. I vicini però cominciarono a lamentarsi del fatto che aumentava il numero dei malati che usufruiva dell’ospitalità, soprattutto quando un’epidemia di colera minacciò parte del Piemonte, per cui le autorità cittadine fecero chiudere la casa. Anche alcuni colleghi del canonico della basilica avevano sollevato obiezioni perché l’impresa era avventata e stava causando loro discredito.
A Giuseppe non rimase che trasferirsi, scelse un’area derelitta chiamata Valdocco, nei sobborghi della città, piena di boscaglia e costellata di stamberghe e osterie di infimo livello, e vi affittò un piccolo edificio. Il 27 aprile 1832 vi si trasferì con un unico paziente, un giovane che soffriva di tumore, ma di lì a pochi mesi ebbe bisogno di un altro edificio per gestire più persone.
Fu questo l’inizio della sua Piccola Casa della Divina Provvidenza, che pose sotto la protezione di S. Vincenzo de’ Paoli e a cui diede come motto Caritas Christz urget nos (“L’amore di Cristo ci costringe”). Diede vita a nuove sezioni per soddisfare ogni necessità: malati incurabili, anziani infermi, epilettici, malati mentali, bambini malati e abbandonati. Non mandava mai via nessuno, in base alla considerazione: «Tutti i poveri sono nostri patroni, ma coloro che sembrano esteriormente più disgustosi e repellenti sono i nostri patroni più cari, sono i nostri gioielli!». La “Piccola Casa” crebbe fino a divenire una ‘ piccola città” che forniva riparo e assistenza medica, e comprendeva orfanotrofio, casa per ragazze indigenti, scuole e laboratori.
Nella sua iniziativa si affidava alla Provvidenza, avendo fiducia nel fatto che Dio lo avrebbe aiutato a superare le inevitabili difficoltà e lo avrebbe reso in grado di trovare sufficienti fondi e aiutanti. Fondò una confraternita di frati laici, i Fratelli di S. Vincenzo, col compito di eseguire lavori manuali e fare i portantini in ospedale, una congregazione di preti secolari, i Sacerdoti della S. Trinità, per avere aiuto nel fornire assistenza spirituale, e diverse congregazioni di suore, ognuna dedicata a una delle particolari funzioni della “Piccola Casa”. Le più famose di queste sono le Suore di S. Vincenzo o “Vincenzine” o “Cottolenghine”, fondate nel 1830 con l’aiuto di Maria Nasi.
Oltre a possedere una tale fiducia nella Provvidenza, Giuseppe era particolarmente devoto alla Madonna, che scelse come patrona dell’Istituto. Esaltò l’importanza della preghiera, definendola «il primo e più importante dei nostri compiti […i è la preghiera che fa vivere la Piccola Casa». La sua vita spirituale personale si basava fermamente sui sacramenti, insisteva su una celebrazione degna e decorosa della liturgia e raccomandava la comunione quotidiana, in un’epoca in cui ciò non era affatto usuale.
Nel curare gli ammalati e gli svantaggiati si interessava tanto al loro benessere spirituale e mentale quanto alla loro condizione materiale: desiderava ricostruire la loro fiducia in se stessi, nelle altre persone e in Dio, oltre che aiutarli a trovare pace e sicurezza. Si definiva «povero tra i poveri», vestiva e mangiava infatti come loro sebbene godesse di fiducia e alta considerazione da parte del re Carlo Alberto, che lo nominò cavaliere dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, e del papa, che diede approvazione ufficiale al suo operato.
Morì il 30 aprile 1842 e fu seppellito sotto l’altare della Madonna nella cappella principale di Valdocco. Fu beatificato nel 1917 e canonizzato nel 1934. Oggigiorno le sue suore operano in numerose istituzioni e ostelli e lo spirito del «canonico buono» sopravvive nell’Istituto Caritativo Cottolengo, ramificato in varie parti del mondo e che continua a servire i sofferenti e gli abbandonati.
MARTIROLOGIO ROMANO. A Chieri presso Torino, san Giuseppe Benedetto Cottolengo, sacerdote, che, confidando nel solo aiuto della divina Provvidenza, aprì una casa in cui si adoperò nell’accoglienza di poveri, infermi ed emarginati di ogni genere.